lavoroprevidenza

mercoledì 9 gennaio 2008

LAVORO & PRIVACY: I PRESUPPOSTI DI LEGITTIMITÀ DEL DATORE DI LAVORO PER LEGGERE LA MAIL DEL DIPENDENTE

Corte di Cassazione, quinta sezione penale, 19 dicembre 2007, n. 47096 con nota del dr. Gesuele Bellini - Funzionario Ministero dell'Interno - Componente Comitato Scientifico di LavoroPrevidenza.com

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

SENTENZA 19 dicembre 2007, n. 47096

­­­­­­­­­­­­­­­­­___­­­­­­­­­­­______________

Motivi della decisione

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Torino, sezione di Chivasso, ha prosciolto Giovanni Tramalloni perché il fatto non sussiste dall'imputazione di avere abusivamente preso cognizione della corri­spondenza informatica aziendale della dipendente Rosaria Marano, licenziata poi sulla base delle in­formazioni così acquisite.

Ricorre per cassazione il pubblico ministero e de­duce violazione dell'art. 616 c.p., lamentando che il giudice del merito si sia fondato sull'erroneo presupposto della rilevanza della proprietà azien­dale del mezzo di comunicazione violato, senza con­siderare il profilo funzionale della destinazione del mezzo telematico non solo al lavoro ma anche alla comunicazione, tutelata dall'art. 15 Cost. Il ricorso è infondato.

L'art. 616 comma 1 c.p. punisce infatti la condotta di "chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tut­to o in parte, la distrugge o sopprime". Sicché, quando non vi sìa sottrazione o distrazio­ne, la condotta di chi si limita a "prendere cogni­zione" è punibile solo se riguarda "corrispondenza chiusa". Chi "prende cognizione" di "corrispondenza aperta" è punito solo se l'abbia a tale scopo sot­tratta al destinatario ovvero distratta dalla sua destinazione.

Ciò posto, e indiscussa l'estensione della tutela anche alla corrispondenza informatica o telematica (art. 616 comma 4 c.p.), deve tuttavia ritenersi che tale corrispondenza possa essere qualificata come "chiusa" solo nei confronti dei soggetti che non siano legittimati all'accesso ai sistemi infor­matici di invio o di ricezione dei singoli messag­gi. Infatti, diversamente da quanto avviene per la corrispondenza cartacea, di regola accessibile solo al destinatario, è appunto la legittimazione all'uso del sistema informatico o telematico che abilita alla conoscenza delle informazioni in esso custodite. Sicché tale legittimazione può dipendere non solo dalla proprietà, ma soprattutto dalle nor­me che regolano l'uso degli impianti. E quando in particolare il sistema telematico sia protetto da una password, deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso.

Anche quando la legittimazione all'accesso sia condizionata,l'eventuale violazione di tali condizioni può rile­vare sotto altri profili, ma non può valere a qua­lificare la corrispondenza come "chiusa" anche nei confronti di chi sin dall'origine abbia un ordina­rio titolo di accesso.

Nel caso in esame è indiscusso, e ne dà atto lo stesso ricorrente, che le password poste a prote­zione dei computer e della corrispondenza di cia­scun dipendente dovevano essere a conoscenza anche dell'organizzazione aziendale, essendone prescritta la comunicazione, sia pure in busta chiusa, al su­periore gerarchico, legittimato a utilizzarla per accedere al computer anche per la mera assenza dell'utilizzatore abituale.

Ne consegue che del tutto lecitamente Giovanni Tramalloni prese cognizione della corrispondenza in­formatica aziendale della sua dipendente, utiliz­zando la chiave di accesso di cui legittimamente disponeva, come noto alla stessa Rosaria Marano. Infatti, secondo le prescrizioni del provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 13 dell'I marzo 2007, i dirigenti dell'azienda ac­cedono legittimamente ai computer in dotazione ai propri dipendenti, quando delle condizioni di tale accesso sia stata loro data piena informazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Roma, 11 dicembre 2007

Depositata in cancelleria il 19 dicembre 2007





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