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Con la sentenza n. 13916 del 16 giugno 2006, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito i limiti della cosa giudicata esterna (o giudicato sostanziale) nel processo tributario. L’efficacia del giudicato preclude ogni ulteriore esame ed impugnazione della sentenza; la cosa giudicata formale si ha quando la sentenza diviene irretrattabile, perché non è più soggetta ai mezzi di impugnazione, ossia né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione, secondo quanto stabilito dall’art. 324 del codice di procedura civile. La cosa giudicata in senso sostanziale consiste nell’indiscutibilità dell’accertamento contenuto nella sentenza, anche al di fuori del processo nel quale è stata pronunziata (art. 2909 codice civile). Le sezioni unite della Suprema Corte sono state chiamate a pronunciarsi in ordine ´all´efficacia di giudicato esterno, in materia tributaria, dell´accertamento definitivo contenuto in decisione resa tra le stesse parti ma relativa ad annualità diverse dello stesso tributo o tributi diversi, pur in presenza dei medesimi presupposti fattuali´. Muovendo dall’assunto che il processo tributario non sia solo un giudizio volto all’annullamento o alla rettifica degli atti impositivi, ma che abbia piuttosto ad oggetto la tutela dei diritti soggettivi dei contribuenti e possa, perciò, estendersi all’accertamento del rapporto, si deve ammettere che il giudicato abbia “capacità espansiva in un altro giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili, nei limiti della specificità tributaria da quelle che disciplinano l’efficacia nel giudicato esterno nel processo civile”. Un ostacolo all’estensione del giudicato è l’autonomia dei periodi d’imposta;