lavoroprevidenza

sabato 15 maggio 2004

Molestie sessuali negli ambienti di lavoro: illiceità del fatto e risarcibilità del danno come elementi autonomi della fattispecie della dott.ssa Chiara Lensi


Che le molestie sessuali siano un tema difficile, di problematica regolazione, fatto di intrecci delicati che si muovono lungo un terreno scivoloso e sdrucciolevole, ¨¨ ormai un dato acquisito.

Tutto sta nel riuscire a distinguere atteggiamenti che denotano familiarità, attrazione, mutuo consenso da comportamenti che sono, invece, sessualmente molesti (cos¨¬, M. BARBERA, Molestie sessuali: la tutela della dignit¨¤, in Dir. prat. lav., 1992, 1401).

Definire le molestie sessuali significa, infatti, tracciare un concetto generale ed astratto in grado di accomunare condotte tra loro diversissime, ma ugualmente riprovevoli, senza tuttavia sconfinare negli eccessi opposti della vaghezza ovvero della repressione a tutti i costi.



Stando ai risultati messi in luce dall esperienza nazionale e comunitaria, ¨¨ comunque possibile ravvisare una molestia sessuale in ogni comportamento a connotazione sessuale, o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul sesso, indesiderato per chi lo riceve, compreso quello di superiori o colleghi, che offende la dignit¨¤ di uomini e donne nel mondo del lavoro.

Il riferimento al requisito del non gradimento - quale discrimen tra ci¨° che ¨¨ permesso e ci¨° che invece non lo ¨¨ - non deve, tuttavia, trarre in inganno.

Le molestie sessuali non vanno, infatti, individuate secondo un criterio di indesideratezza puro (per cui ¨¨ molesto solo ci¨° che la vittima percepisce come tale), bens¨¬ temperato da parametri di ragionevolezza, per cui sar¨¤ s¨¬ molesto quel comportamento sgradito per chi lo subisce, purch¨¦ tale comportamento sarebbe risultato indesiderato anche ad un altra persona (sensata) dello stesso sesso ed et¨¤ della vittima, che si fosse trovata a dover fronteggiare il fatto nelle medesime circostanze.





Le molestie sessuali sono comportamenti che assumono rilevanza sotto molteplici aspetti (poich¨¦ non interessano il solo diritto del lavoro, ma anche il diritto civile, il diritto penale, il diritto pubblico, il diritto amministrativo, il diritto internazionale, il diritto comparato, il diritto angloamericano, la filosofia del diritto, la sociologia del diritto, nonch¨¦ altre materie di studio, quali la psicologia e la medicina); non catalogabili a priori (a patto di non voler congelare i rapporti di lavoro stessi); plurioffensivi (offendendo, al tempo stesso, una pluralit¨¤ di beni giuridici, quali la dignit¨¤ personale, la libert¨¤ individuale, la libert¨¤ sessuale e quella di autodeterminarsi, non ultime l integrit¨¤ psicofisica, la salute e l esistenza di un individuo); tendenzialmente democratici (sia pur con una certa prevalenza del genere femminile sul maschile, in linea di massima le molestie sessuali possono colpire qualunque individuo [donne, uomini, anziani, giovani, capaci, incapaci, ricchi, poveri], in qualsiasi settore [il luogo di lavoro, ma anche la scuola, la famiglia, la caserma]).

Le molestie sessuali sono altres¨¬ un costo sociale, riflettendosi negativamente non solo sul singolo dipendente colpito (nella sua dignit¨¤, sicurezza, professionalit¨¤, salute), ma anche sul datore di lavoro e sull azienda nel suo complesso (in termini di perdita di produttivit¨¤, di competenza e di aumento dei costi); nonch¨¦ sullo Stato e sulla collettivit¨¤ in generale (il primo, fallendo nel suo compito di garante della libert¨¤ sessuale, morale, dell ordine e della tranquillit¨¤ pubblica; la seconda, vedendo leso il suo interesse alla parit¨¤ di trattamento e all uguaglianza di opportunit¨¤ ed essendo anche a suo carico lo stipendio del lavoratore molestato); sono, infine, comportamenti illeciti di per s¨¦ (nel senso che l offensivit¨¤ del lavoro molestato va rinvenuta in s¨¦, a prescindere dal suo carattere discriminatorio).





Tale ultimo aspetto va inteso nel senso che la molestia sessuale ¨¨ illecita anche se non ¨¨ qualificabile come discriminazione in senso stretto, purch¨¦ abbia violato:

1) o un diritto fondamentale della persona (nel qual caso sorger¨¤ una responsabilit¨¤ extracontrattuale, ossia relativa all area delle controversie tra privati, ex art. 2043 c.c.);

2) o una norma contrattuale (nel qual caso sorger¨¤ una responsabilit¨¤ contrattuale, ossia relativa all area delle controversie di lavoro, ex art. 2087 c.c., in tutti quei casi in cui la molestia sessuale sia riconducibile direttamente [perch¨¦ autore] o indirettamente [a titolo di responsabilit¨¤ in eligendo o in vigilando] al datore di lavoro).

In realt¨¤, il riconoscimento di una responsabilit¨¤ contrattuale indiretta del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. pone immediatamente il problema del limite fino al quale egli possa essere chiamato a rispondere del danno che si ¨¨ prodotto, ma che non ha direttamente provocato.

Probabilmente, la soluzione pi¨´ opportuna ¨¨ quella di riconoscere il datore di lavoro indirettamente responsabile ex art. 2087 c.c. soltanto in quei casi in cui egli sapeva (o doveva ragionevolmente sapere) e non ¨¨ intervenuto per far cessare le molestie, anche se allo stadio iniziale (ad esempio, il complimento pesante).

Rinunciare a questa soglia minima di garanzia, getterebbe sul serio l azienda in mano al terrore psicologico, in cui, ad aggravare la situazione, avremmo anche un datore che, pur di non essere chiamato a rispondere di omessa vigilanza ai sensi dell art. 2087 c.c., interferirebbe pesantemente nella vita privata dei suoi dipendenti, togliendo al luogo di lavoro quella dimensione umana e relazionale che, invece, gli ¨¨ propria e lasciando cos¨¬ aperta la questione del quale sia il male minore tra probabilit¨¤ di subire molestie sessuali e certezza di ingerenze nella privacy, laddove non si arrivi addirittura alla messa in atto di intrusioni che potrebbero, a loro volta, essere avvertite come forme di molestia.

Ecco perch¨¦, oltre al temperamento della responsabilit¨¤ indiretta ex art. 2087 c.c. con la prevedibilit¨¤ della condotta, un ruolo non trascurabile, sul terreno della prevenzione, potrebbe essere giocato dalla contrattazione collettiva o dalla creazione di una figura di consulente - supervisore ad hoc, che possa fungere da valido supporto per sottrarre tensione psicologica al luogo di lavoro o, ancora, da un completo riconoscimento dell onere, per il datore di lavoro, di utilizzare lo strumento disciplinare, a pena di responsabilit¨¤, anche se forse l insorgenza di una responsabilit¨¤ per mancato utilizzo della sanzione disciplinare dovrebbe essere limitata ai casi di molestatore recidivo (cio¨¨, di chi sia gi¨¤ stato segnalato e non sia stato ancora sanzionato).

Responsabilit¨¤ aquiliana ex art. 2043 c.c. e responsabilit¨¤ contrattuale ex art. 2087 c.c. possono, comunque, coesistere tra loro, dal momento che tutelano posizioni differenti, dalla cui violazione viene fatta discendere l illiceit¨¤ in s¨¦ della molestia sessuale.

In particolare, mentre in base all art. 2043 c.c. ¨¨ tenuto al risarcimento chiunque abbia commesso un fatto illecito, produttivo di un danno per la vittima, consentendo in tal modo di colpire il piano orizzontale del lavoro molestato, ossia i casi in cui il comportamento molesto sia attuato da colleghi di pari grado o di grado inferiore, rispetto ai quali non potrebbe, evidentemente, operare l obbligo di cui all art. 2087 c.c.; la responsabilit¨¤ contrattuale ex art. 2087 c.c. ¨¨, invece, riferita al solo datore di lavoro, andando a coinvolgere l azienda in tutti quei casi in cui l imprenditore non abbia adeguatamente tutelato l integrit¨¤ fisica e la personalit¨¤ morale dei suoi dipendenti. Ovviamente, affinch¨¦ il datore di lavoro possa essere chiamato al risarcimento del danno in base a questa disposizione, ¨¨ necessaria la sussistenza di un nesso causale riferibile, a qualunque titolo, al datore di lavoro.

Ma i due tipi di responsabilit¨¤ non si differenziano solo per gli individui cui si riferiscono.

Diverso ¨¨ anche il periodo di prescrizione cui sono soggetti. Posto che il momento a partire dal quale s inizia a calcolare la prescrizione ¨¨, in entrambi i casi, costituito dalla cessazione dell ultimo atto molesto, i diritti ex art. 2087 c.c. si prescrivono in un periodo di tempo pi¨´ lungo (dieci anni) di quelli derivanti dall articolo 2043 c.c. (cinque anni).

Del pari, le due responsabilit¨¤ si distinguono anche sul versante probatorio, richiedendo, l art. 2087 c.c., la dimostrazione dell inadempimento del contratto; l art. 2043 c.c., la prova del fatto illecito, dell animus doloso o colposo, oltre che un nesso di causalit¨¤ tra i due. Anche in materia di molestie sessuali trovano, cio¨¨, applicazione le norme generali in tema di responsabilit¨¤ contrattuale ed extracontrattuale, per cui: chi domanda un risarcimento ex art. 2043 c.c. dovr¨¤ provare la condotta che ha determinato il danno; il nesso causale; la colpa o il dolo di colui che ¨¨ ritenuto responsabile; chi, invece, domanda un risarcimento ex art. 2087 c.c. dovr¨¤ provare la sussistenza dei comportamenti illegittimi; il danno e il nesso causale tra la condotta e l evento lesivo, mentre graver¨¤ sul datore, per escludere la sua responsabilit¨¤, la prova di aver adottato tutte le misure necessarie a tutelare l integrit¨¤ fisica e la personalit¨¤ morale del lavoratore.

Per quanto, invece, attiene al profilo della competenza a decidere sulla controversia, ¨¨ riconosciuta quella del giudice del lavoro, secondo competenza per materia, non solo nel caso di azione contro l azienda (qui il risarcimento trae origine dal rapporto contrattuale), ma anche per l azione contro il molestatore (qui il rapporto di lavoro costituisce un presupposto necessario). In altre parole, anche se, teoricamente, la violazione dell art. 2043 c.c. dovrebbe far scattare la competenza del tribunale ordinario, la giurisprudenza ¨¨ oggi nel senso di riconoscere, anche in questi casi, la competenza del giudice del lavoro. Sar¨¤, invece, competente il tribunale, secondo competenza per valore, per l azione dei congiunti della vittima (deceduta e non) iure proprio, ancorch¨¦ la morte sia stata cagionata da inadempienza contrattuale del datore verso il dipendente ex art. 2087 c.c., trovando la sua fonte esclusiva nella responsabilit¨¤ extracontrattuale ex art. 2043 c.c.. La competenza del giudice del lavoro potr¨¤ sussistere solo ove l azione sia proposta iure hereditario;

3) o la previsione di cui all art. 2049 c.c. (nel qual caso sorger¨¤ una responsabilit¨¤ del datore di lavoro per il danno arrecato dal fatto illecito compiuto da un suo dipendente, nell esercizio delle incombenze a cui ¨¨ adibito).

La previsione di cui all art. 2049 c.c. risponde a criteri di razionalit¨¤ (qui facit per alios, facit per se), di equit¨¤, di rischio (si parla, a riguardo, di responsabilit¨¤ da rischio lecito) in forza dei quali viene riconosciuta in capo al datore di lavoro una forma di responsabilit¨¤ senza che sia anche richiesta la colpa (no fault), che non rende ammissibile, evidentemente, la prova liberatoria.

Se mi sono scelto dei collaboratori per la mia attivit¨¤, io stesso rispondo di quanto essi stiano per compiere, ma naturalmente soltanto nell esercizio delle attivit¨¤ che svolgono per me, cio¨¨ nell ambito della preposizione, o delle incombenze affidate: quando appunto l esecuzione delle attribuzioni ricevute abbia reso possibile il fatto dannoso (cos¨¬, A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, CEDAM, Padova, 1994, 201).

Tale responsabilit¨¤ ¨¨, in concreto, ritenuta sussistente nei casi in cui la mansione affidata dal datore di lavoro al suo dipendente abbia reso possibile il fatto illecito, collegando, in tal modo, l esercizio delle incombenze, cui un lavoratore ¨¨ adibito, e la commissione da parte del datore di lavoro se non proprio con un nesso di causalit¨¤, almeno con un rapporto di occasionalit¨¤ necessaria.

Al di l¨¤ della delicatezza della norma in esame, situata in limine alla responsabilit¨¤ oggettiva, quello che mi pare, comunque, importante sottolineare ¨¨ che di fronte all insorgenza di una responsabilit¨¤ ex art. 2049 c.c. il dipendente molestato finirebbe per essere terzo rispetto alle parti in causa, costituite evidentemente dal datore di lavoro e dal dipendente - molestatore.





Dalla giurisprudenza ci ¨¨ dato desumere, poi, che l aver subito molestie sessuali pu¨° determinare una giusta causa di dimissioni, configurabili, tra l altro, in presenza di un mero disagio ambientale e che, per contro, compiere molestie sessuali, cos¨¬ come accusare qualcuno di averle compiute senza prove, pu¨° comportare un licenziamento per giusta causa.





Le molestie sessuali, seppure talvolta possono essere elementi costitutivi di reato, sono sempre comportamenti illeciti e, come tali, correlati a situazioni giuridiche soggettive che dovranno essere adeguatamente tutelate in sede civile (fermo restando il concorso con la tutela penale, ove sussista reato).





Per quanto attiene al profilo del danno, nessun problema giuridico si pone nei casi in cui le molestie sessuali determinino una lesione gi¨¤ conosciuta e contemplata dal nostro ordinamento, dato che in queste ipotesi sar¨¤ sufficiente estendere al comportamento vessatorio la disciplina esistente, come potrebbe avvenire in tutti i casi in cui la persecuzione comportasse o una deminutio patrimonii (danno patrimoniale); o una lesione della salute (danno biologico); o un patimento di natura non patrimoniale consistente in sofferenze dell animo (i danni morali propriamente detti, i soli a soggiacere alla limitazione di cui all art. 2059 c.c.).

Il problema si pone, dunque, per tutte quelle circostanze in cui pur mancando un pregiudizio patrimoniale, una lesione alla salute ed un reato, ¨¨ ugualmente impossibile negare l esistenza di un danno; situazione, questa, piuttosto frequente in casi di lavoro molestato.

In altre parole, ¨¨ proprio quella caratteristica di illiceit¨¤ di per s¨¦ che consente di consacrare il danno da molestie sessuali come un danno autonomo, lesivo di quel diritto esistenziale spettante a ciascun lavoratore e consistente nel diritto di svolgere, all interno dell azienda, il proprio mestiere con dignit¨¤, nel rispetto delle mansioni stabilite, con la possibilit¨¤ di perseguire gli obiettivi prefissi e di sfruttare le opportunit¨¤ di carriera; in altre parole, portando avanti la propria professionalit¨¤ in un clima di rispetto e serenit¨¤ tale da consentire una crescita sul lavoro, anche in aderenza ai principi costituzionali, senza soggiacere alle limitazioni previste dall art. 2103 c.c..

Il danno esistenziale diviene cos¨¬ il danno tipico delle molestie sessuali, qualificabile in termini di danno - evento (nel senso che il danno da lavoro molestato si identifica con la semplice condotta molestante, anche se poi la vittima non abbia subito conseguenze ulteriori) e da ritenersi dimostrato con la sola prova della condotta che, di per s¨¦, sar¨¤ gi¨¤ prova del danno (una volta, cio¨¨, che l attore abbia provato il comportamento dell aggressore sar¨¤ esonerato di fatto dalla prova del danno esistenziale, giudicato appunto in re ipsa).

Al pari di quanto ¨¨ avvenuto per il danno biologico (che ha trovato la sua legittimazione nell art. 32 Cost.), il fondamento giuridico del danno esistenziale va rinvenuto nel combinato disposto: art. 2043 c.c. (o 2087 c.c., o 2049 c.c., a seconda di chi abbia posto in essere il comportamento persecutorio) + art. 41, 2¡ã comma, Cost..





Ci¨° premesso, restano da chiarire alcune questioni.

Perch¨¦ un soggetto (ad esempio, il datore di lavoro o un collega) sia chiamato a risarcire il danno che si ¨¨ prodotto a seguito di un proprio comportamento pi¨´ o meno molesto ¨¨, per¨°, necessario che al danneggiante sia ascrivibile, almeno a titolo di colpa, l evento dannoso, dal momento che obbligare un individuo a risarcire un danno che egli stesso non avrebbe ragionevolmente potuto n¨¦ prevedere n¨¦ evitare apparirebbe profondamente ingiusto.

Ci¨° premesso, il punto ¨¨: per sua stessa natura, ¨¨ il danno esistenziale (e, quindi, il danno da molestie sessuali) concretamente prevedibile? E sul serio possibile imputare al soggetto agente la responsabilit¨¤ della perdita di tutte quelle molteplici attivit¨¤, sconosciute e come tali imprevedibili, di cui venga privato, in seguito, il destinatario passivo di tale comportamento? Siamo davvero cos¨¬ sicuri che la situazione del creditore, che si vede recapitare in ritardo la somma dovutagli dal debitore e che, come non ¨¨ difficile presumere, abbia perduto la possibilit¨¤ di ricavarne un qualche lucro, non avendo potuto investirla tempestivamente, sia equiparabile a quella dell offeso che, in conseguenza dell illecito dell offensore, non potr¨¤ pi¨´ giocare a scacchi, n¨¦ tirare di scherma, collezionare etichette d acqua minerale o ammaestrare pappagalli? (cos¨¬, M., ROSSETTI, Danno esistenziale: adesione, iconoclastia od ¦Å¦Ð¦Ï¦Ö¦Ç?, in http://www.studiomedico.it/allegati/art_10.htm).

In realt¨¤, simili domande sono frutto di un errata impostazione del problema che deriva in buona parte dalla sovrapposizione dei concetti di danno - evento e di danno - conseguenza.

Ritenere imprevedibile il danno esistenziale, e quindi non imputabile al danneggiante a titolo di colpa, ¨¨ legato ad un idea del diritto all esistenza quale danno - conseguenza anzich¨¦ danno - evento, per cui la prevedibilit¨¤ o la prevenibilit¨¤ dell evento viene confusa con la prevedibilit¨¤ delle conseguenza dannose che da esso sarebbero scaturite e che, loro s¨¬, risulterebbero difficilmente conoscibili a priori.

In realt¨¤, quello che ¨¨ necessario sia prevedibile ¨¨ l evento dannoso stesso piuttosto che le sue conseguenze, n¨¦ pi¨´ n¨¦ meno di quanto avviene per il danno biologico, al cui risarcimento ¨¨ chiamato chi poteva prevedere la lesione alla salute, anche se le privazioni ingenerate dall invalidit¨¤ residuata alla lesione siano per lo pi¨´ imprevedibili (cos¨¬, M. ROSSETTI, op. cit.).





Quello che, invece, pare un conflitto insuperabile nella cui direzione dovrebbero indirizzarsi gli interessi dottrinali ¨¨ quello dell individuazione di un argine, di un qualche freno alla proliferazione delle figure di danno.

Anche ammettendo, infatti, che il limite alla creazione di diritti soggettivi vada individuato nella loro previsione a livello costituzionale (o, comunque, nel riferimento a norme di legge), la domanda ¨¨: se ¨¨ necessario, perch¨¦ il danno sia risarcibile, individuare la norma costituzionale o la norma di legge cui ancorare l ingiustizia del danno, non viene in tal modo a perdersi tutta la portata innovatrice del danno esistenziale dal momento che ¨¨ lo stesso ordinamento a considerare risarcibile la lesione di un qualsiasi interesse normativamente qualificato, senza che per questo debba essere messa in campo una nuova figura di danno? (Cos¨¬, M. ROSSETTI, op. cit.).

Senza contare poi l altro grande paradosso di cui si fa portatore il danno esistenziale e che lascia trapelare un qualche possibile spiraglio di luce con l auspicabile modifica dell art. 2059 c.c..

Per quanto, infatti, si cerchi di allontanare le obiezioni di eccessiva sovrapposizione tra le categorie del danno esistenziale e del danno morale, in base al ricorso a formule teoriche forti e d effetto (per cui, in un modo assolutamente chiaro dal punto di vista concettuale, si dice che il danno esistenziale ¨¨ un non facere, la rinuncia ad un attivit¨¤ positiva, laddove il danno morale ¨¨ piuttosto un pati, un lacrimare, la mera sofferenza soggettiva) e dando, del pari, per scontato il superamento dei limiti di cui all art. 2059 c.c. mediante la risarcibilit¨¤ altrimenti del danno non patrimoniale (situazione che, nonostante le dovute perplessit¨¤, ¨¨ stata largamente superata dalla giurisprudenza in tema di danno biologico e che pertanto non pu¨° tornare ad assurgere a limitazione per altre categorie di danno che dal danno biologico hanno attinto la loro stessa ragion d essere), tuttavia, nei fatti, la distinzione tra le due figure si rivela talvolta difficile, tanto da far propendere, di nuovo, per una riformulazione della disposizione dedicata al danno morale in grado di ricondurre le categorie di danno al binomio danno patrimoniale/danno non patrimoniale (in tal senso, M. ROSSETTI, op. cit.).

E ci¨° non solo perch¨¦ la pratica ci insegna che anche il riposo o l ozio costituiscono attivit¨¤ esistenziali (e conseguentemente il danno esistenziale potr¨¤ talvolta sostanziarsi pure nella perdita di un non facere), ma soprattutto perch¨¦ appare quanto mai fuorviante ricondurre le lacrime al solo danno morale e la rinuncia ad un attivit¨¤ al solo esistenziale, ben potendo, in concreto, essere situazioni che coesistono (cos¨¬, M. ROSSETTI, op. cit.).

Cos¨¬ come il soffrire, tipico del danno morale, ha in s¨¦ l essenza della rinuncia (soffro perch¨¦ le lesioni mi costringono a rinunciare a fare certe cose o perch¨¦ l omicidio mi obbliga a rinunciare ad un congiunto), allo stesso modo colui che viene messo nell impossibilit¨¤ di portare avanti una determinata attivit¨¤, non potr¨¤ non soffrire per tale rinuncia (cos¨¬, M. ROSSETTI, op. cit.).

Il rischio in una tale commistione non si rinviene tanto sul piano concettuale, quanto invece su quello della liquidazione del danno, per cui laddove si scelga di non affannarsi, di volta in volta, a scorporare il danno esistenziale da quello morale, l alternativa parrebbe essere quella di duplicare la liquidazione del danno per la stessa privazione (in tal senso, M. ROSSETTI, op. cit.).

Riflessioni, queste, che non inducono a smentire l opportunit¨¤ della creazione del danno da molestie sessuali quale lesione di nuovo conio, purch¨¦ consapevoli della sua necessaria temporaneit¨¤ e provvisoriet¨¤, in attesa di un intervento legislativo che ci liberi, una volta per tutte, dalle strettoie del danno biologico e dall evanescenza di quello morale.





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