lavoroprevidenza

mercoledì 4 febbraio 2009

LA TUTELA DELLA SALUTE: UN DIRITTO SANCITO DALLA COSTITUZIONE

Articolo del dr. Fernando Sacco
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Sul piano della rilevanza giuridica si ha, pertanto, che tale norma è, nel contempo, programmatica in quanto impegna il legislatore a promuovere sul piano burocrato-amministrativo, oltre che su quello della ricerca e della sperimentazione, idonee iniziative volte all’attuazione di un compiuto sistema di tutela adeguato alle esigenze di una società che cresce e che progredisce ed è anche precettiva in quanto l’individuo, come cittadino, vanta nei confronti dello Stato un vero e proprio diritto soggettivo alla tutela della propria salute intesa non solo come bene personale, ma anche come bene dell’intera collettività che ha bisogno della salute di tutti i suoi componenti per meglio crescere ed affermare i propri valori.


Sul piano degli interventi finalizzati al governo della sanità ed alla tutela della salute si è ricorsi, nel tempo, a diversi sistemi a seconda della interpretazione data all’art. 32 della Costituzione Italiana.

Ritenendo inizialmente che la norma avesse solo contenuto programmatico e non anche precettivo la tutela della salute veniva garantita dal sistema mutualistico la cui fonte era costituita dall’art. 38 della stessa Costituzione che, fondandosi sulla obbligatorietà dell’assicurazione sociale contro le malattie in favore dei lavoratori e dei pensionati, garantiva, al verificarsi del “rischio” di malattia, appropriate cure per il ristabilimento delle condizioni psico-fisiche alterate da una patologia improvvisamente insorta. Tale sistema garantiva, però, l’assistenza ai soli iscritti (lavoratori in attività di servizio, loro familiari e, di converso, anche pensionati e loro familiari) con esclusione di ogni altro soggetto non ricompreso nelle categorie suddette e con oneri a carico dei datori di lavoro e degli stessi lavoratori tenuti al versamento di specifici contributi.


L’assistenza erogata era, inoltre, limitata alle sole cure riferite alla patologia insorta e non comprendeva, pertanto, anche prestazioni di riabilitazione o di recupero né tanto meno interventi nel campo della prevenzione.

Parallelamente si sviluppavano, per il tramite gli Enti Locali e talune altre Istituzioni presenti nel territorio (Consorzi Sanitari, Laboratori di Igiene e Profilassi, ecc.), iniziative di sanità pubblica indirizzate alla collettività (prevenzione) ed a soggetti particolarmente bisognosi iscritti in apposite liste (condotta medica e domicilio di soccorso ) la cui fonte era costituita dalla legge 5843 del 1888 (legge Crispi) e successive integrazioni.

Tale ultimo sistema di governo della sanità, iniziatosi sul finire dell’ottocento, durò fino alla metà degli anni settanta.

Successivamente il disposto di cui all’art. 32 del dettato costituzionale, in sede di ulteriore interpretazione, venne considerato non solo programmatico, ma anche immediatamente precettivo con la conseguenza che il diritto vantato dall’individuo alla tutela della salute era da considerarsi assoluto e fondamentale in quanto finalizzato al mantenimento della propria integrità fisica e, pertanto, meritevole di tutela prioritaria con diritto a qualsiasi prestazione assistenziale. Da qui l’obbligo dello Stato a fornire ogni servizio ritenuto utile, essenziale e indispensabile alla tutela della salute fornendo le risorse necessarie senza alcuna limitazione.

Con legge n° 833 del 1978 venne, così, istituito il Servizio Sanitario Nazionale che, colmando una grossa lacuna nel nostro ordinamento, ossia la mancanza di una disciplina ordinata ed articolata in una materia, quale quella sanitaria, disciplinata dalla Costituzione, avviò, per la prima volta nel Paese, un processo di riordino della sanità dai contenuti fortemente innovativi rispetto al passato e di grande significato sul piano dei valori e dei principi.

Non a caso la legge istitutiva del S.S.N., nel sancire che la “tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana”, all’art. 1 definisce lo stesso come il “complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio”.

La tutela della salute, assumendo un contenuto essenzialmente precettivo, oltre che programmatico, venne così estesa a tutti e non fu più limitata a talune categorie (lavoratori, pensionati, loro familiari e soggetti particolarmente bisognosi privi di tutela assicurativa obbligatoria).

Sul piano dei contenuti vennero, così, solennemente ad affermarsi i principi della generalità dei destinatari (tutti i cittadini indistintamente), della globalità delle prestazioni (prevenzione, cura e riabilitazione) e della uguaglianza di trattamento. Principi che costituiscono le fondamenta e l’essenza di un moderno sistema finalizzato alla tutela e salvaguardia della salute dei singoli e dell’intera collettività.

Dal lato organizzativo il S.S.N. venne articolato, sul territorio, in Unità Sanitarie Locali che, pur dotate, ciascuna, di una certa autonomia, vennero, tuttavia, configurate quale organo di gestione, privo di personalità giuridica e come struttura operativa dei comuni, e, conseguentemente, strettamente vincolate ad una gestione tecnico-amministrativa di natura politica. Ogni unità sanitaria locale aveva, infatti, propri organi (Presidente, Comitato di Gestione ed Assemblea Generale) di estrazione essenzialmente partitica, mentre, sul piano operativo, i nuovi organismi si avvalevano delle strutture e dei servizi ereditati dal pregresso sistema mutualistico, dagli Enti Locali e dagli ospedali con oneri a totale carico dello Stato previa istituzione di uno specifico fondo (Fondo Sanitario Nazionale).

Il dare tutto a tutti in modo spesso disarticolato, disomogeneo, frammentario, la mancanza di un reale collegamento tra politica sanitaria e politica finanziaria e l’inserimento delle UU.SS.LL. nell’ordinamento degli Enti Locali gestite con le procedure, i tempi e l’eccessiva burocratizzazione propria degli enti territoriali portarono presto l’intero sistema a momenti di profonda crisi e di rottura sul piano organizzativo, erogativo e finanziario e ad indebitamenti non sempre giustificati da interventi appropriati e necessari.
Pur rappresentando gli anni ottanta come gli anni dell’affermazione del S.S.N. quale espressione operativa dell’impegno che la Costituzione ex art. 32 affida alla Repubblica circa la tutela del diritto alla salute, si sentì, tuttavia, subito la necessità di un ulteriore riordino della sanità per meglio assolvere le finalità perseguite ed armonizzare l’intero sistema attesa la complessità e la particolarità dello stesso.

Le spinte riformatrici portarono, così, a interpretare diversamente la norma quale sancita dall’art. 32 della Costituzione ritenendo che il principio enunciato fosse relativamente precettivo nel senso che il cittadino vanta pur sempre un diritto alla tutela della salute, ma che tale diritto non è assoluto, ma relativo in quanto limitato, di fatto, dalle risorse economiche disponibili.

Tali spinte riformatrici caratterizzarono il finire degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta e portarono, fermo restando i principi ispiratori della prima riforma ex legge n° 833/78 (generalità, globalità ed eguaglianza), ad una ulteriore revisione del S.S.N. (Decreti Legislativi n° 502/1992 e n°229 del 1999 e successive integrazioni e modificazioni) il cui assetto organizzativo venne profondamente innovato con l’aziendalizzazione delle UU.SS.LL, dotando le nuove strutture di personalità giuridica pubblica, di autonomia imprenditoriale, di strumenti operativi innovativi largamente mutuati dal settore privato (gestione per obiettivi, contabilità economica, contabilità analitica per centri di costo e di responsabilità, controllo di gestione, rilevazione e misurazione dei costi e dei risultati) e improntando la gestione delle risorse economiche, strumentali ed umane disponibili a criteri di efficienza, efficacia ed economicità.

Le vecchie UU.SS.LL. vennero soppresse e al loro posto vennero costituite nuove aziende con la distinzione delle stesse in Aziende Sanitarie Locali ed Aziende Ospedaliere.

Le prime sono chiamate ad erogare prestazioni sanitarie in un contesto territoriale ben definito dalle rispettive Regioni. Le prestazioni erogate sono fornite da strutture pubbliche e private accreditate presso il Servizio Sanitario Nazionale o sono prodotte dalle stesse aziende, come nel caso di prestazioni specialistiche ambulatoriali od ospedaliere.

Le stesse sono, inoltre, chiamate a gestire direttamente, nel territorio di rispettiva competenza, tutta una serie di servizi preposti ad attività finalizzate alla prevenzione ed alla riabilitazione nei diversi campi e con riferimento ai diversi utenti (anziani, tossicodipendenti, malati psichici, cronici, ecc.).

Le aziende ospedaliere hanno, invece, il compito di “produrre”, principalmente, prestazioni sanitarie di ricovero ed ambulatoriali specialistiche e la loro attività è remunerata a prestazione (DRG e tariffe predeterminate). Tali aziende sono diversamente dimensionate non tanto con riferimento al bacino di utenza quanto al tipo ed alla complessità della prestazione prodotta (normale o di alta specializzazione).

Le “nuove” aziende vengono così chiamate a garantire i livelli essenziali di assistenza, quali periodicamente definiti dal Piano Sanitario Nazionale, nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute espresso, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità della cura, dell’appropriatezza degli interventi con riferimento, sempre, alle specifiche esigenze da soddisfare ponendo, però, particolare attenzione all’economicità delle risorse disponibili per il miglior uso possibile delle stesse in un contesto fortemente caratterizzato da bisogni di salute, sempre più crescenti, a fronte di risorse non sempre sufficienti a garantire risposte immediate e rispondenti alle attese.


Per meglio soddisfare tali esigenze cambia anche il meccanismo di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale. Non più, infatti, finanziamenti rapportati alla quantità delle prestazioni rese, ma finanziamenti per quota capitaria.

L’ammontare delle risorse annualmente destinate al finanziamento della sanità (Fondo Sanitario Nazionale) viene suddiviso in due quote.

La prima, a norma dell’art. 1, comma 34, della legge n° 662 del 1996, è destinata al finanziamento dei LEA (livelli essenziali di assistenza) ed è ripartita tra le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, per “quota capitaria”, differenziata per Regione, pesata in base ai seguenti criteri:

• popolazione residente;
• frequenza dei consumi sanitari per livello di assistenza, età e sesso;
• tassi di mortalità della popolazione;
• indicatori epidemiologici territoriali;
• indicatori relativi a particolari situazioni territoriali ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari della popolazione.

I “valori” regionali così ottenuti vengono, poi, corretti sulla base della mobilità sanitaria interregionale (spostamenti di utenti “per cure mediche”da una regione ad un’altra).

La seconda quota, sempre in base alla normativa sopra richiamata, viene, invece, destinata alla realizzazione di specifici progetti, aventi rilievo nazionale e carattere di priorità, periodicamente indicati dal Piano Sanitario Nazionale, in materia di tutela materno-infantile, salute mentale, anziani, portatori di handicap, prevenzione di specifiche patologie (malattie ereditarie, rare, infezioni da HIV/AIDS, infezioni parassitarie, ecc.) o malattie di origine animale (brucellosi, ecc.) od anche per campagne di informazione e sensibilizzazione su specifiche tematiche col supporto di adeguata profilassi (vaccinazioni, disinfestazioni, ecc…).

Nel riordino cambiano anche gli organi di gestione. Non più organi di nomina politico-partitica, ma organi tecnici monocratici (Direttore Generale col supporto, ciascuno, di un Direttore Sanitario e di un Direttore Amministrativo) unici responsabili della gestione aziendale. Il Direttore Generale è nominato dalla Regione e viene scelto tra dirigenti, pubblici e privati, che, ritenuti idonei all’incarico da parte di apposita commissione, risultano inseriti in uno specifico elenco periodicamente aggiornato. Il Direttore Generale, una volta nominato, all’atto del suo insediamento sceglie, poi, i Direttori Sanitario e Amministrativo che lo affiancheranno nella gestione dell’azienda.

Va, per ultimo, osservato che il processo di aziendalizzazione iniziatosi con il D.Lgs. n° 502/92 (che rappresenta la seconda fase del riordino del SSN istituito con legge n° 833/78) e continuato con il D.Lgs. n° 229/99 (che, come noto, costituisce la terza fase del riordino del S.S.N. con la previsione, in particolare, che l’organizzazione ed il funzionamento delle aziende sanitarie siano disciplinati con atto aziendale di diritto privato adottato dalle stesse aziende), lungi dall’essersi stabilizzato e chiuso è tuttora in corso con l’approntamento di nuove regole e la previsione di ulteriori aggiustamenti richiesti dall’evolversi della società e del bisogno di salute manifestato, con sempre maggiore intensità, dai singoli e dall’intera collettività.

L’esigenza, infatti, di coniugare costantemente la domanda crescente di salute, propria di una società che si evolve e mira al conseguimento del massimo benessere possibile, con la limitatezza delle risorse disponibili, circostanza questa comune ad ogni società civile, porta necessariamente ad un nuovo modo di pensare l’assistenza sanitaria.

Non più, infatti, solo organizzazione di servizi preposti alla erogazione di prestazioni, ma anche “produzione” di salute con la presenza, la partecipazione, il coinvolgimento e l’impegno di tutti e con l’assunzione di responsabilità ai diversi livelli (istituzionali, personali e comportamentali).

Da qui la necessità, pertanto, di programmare attività fissando priorità ed obiettivi specifici al fine di meglio utilizzare le risorse disponibili, eliminando le zone d’ombra (aree dello spreco) e massimizzando, per quanto possibile, sia l’efficienza gestionale (tendere al maggior livello di risultati a parità di risorse utilizzate) che l’efficacia gestionale (tendere al maggior grado possibile di ottenimento di risultati prefissati).

Ogni pur minima risorsa non correttamente utilizzata è, infatti, una risorsa che inevitabilmente non produce utilità, che non soddisfa, cioè, alcun bisogno rappresentato e che, pertanto, viene inopinatamente “sprecata” con l’inevitabile conseguenza di rallentare, con conseguenze spesso deleterie, il processo di miglioramento e di tutela della salute quale da tutti auspicato e fortemente sollecitato.

In tale contesto e con tali intendimenti è in atto, infatti, un forte ripensamento ed un approfondimento appropriato che porteranno, si spera a breve, ad ulteriori assestamenti del S.S.N. che, alla luce dei principi solennemente sanciti dalla Costituzione, saranno certamente in grado di meglio affrontare le sfide del nostro tempo e migliorare, nei fatti e nei risultati, la tutela della salute in un contesto, anche istituzionale, diverso e meglio rispondente alle esigenze avvertite ed ai nuovi bisogni rappresentati

Dr. Fernando Sacco

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