venerdì 8 maggio 2009
Legittimo il licenziamento del lavoratore che durante la malattia svolge attivita’ in contrasto con il dovere di cura e riposo
Commento alla recentissima sentenza della Cassazione del 21 aprile 2009 n° 9474 a cura dell´Avv. Maurizio Danza - Arbitro Pubblico Impiego Lazio e Collaboratore della Rivista LavoroPrevidenza.com
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Di particolare interesse la pronuncia della Suprema Corte che interviene sul delicato tema tra aspettativa del lavoratore per motivi di salute ed interesse del datore alla reintegrazione psicofisica, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai più che decennale. Il caso de quo riguarda la pronuncia della Cassazione adita da una clinica napoletana privata a seguito di ricorso presentato nel 2006 avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli.
La sentenza accoglie il motivo principali del ricorso formulato ,cassando la sentenza di primo grado e fissando il principio di diritto con rinvio del processo di merito alla Corte di appello in diversa composizione. La vicenda nasce intorno al 2002 a seguito di ricorso di un aiuto medico specialista in geriatria con rapporto di lavoro a tempo parziale di 30 ore settimanale con la suindicata clinica privata, ma che in contemporanea e fino ad una certa data ricopriva il ruolo di direttore sanitario,circostanza ben nota però alla clinica . Durante un periodo di malattia successivo ad un precedente periodo di aspettativa per motivi di salute, causato da una insorgenza in capo al medico di coxoatrosi post necrotica,il medesimo si era visto contestare degli illeciti disciplinari non archiviati anche a seguito delle controdeduzioni e culminati con il licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla clinica.Il medico aveva impugnato il licenziamento chiedendo al Tribunale partenopeo la reintegra nel posto di lavoro nonchè il risarcimento del danno per avere riportato una crisi di tipo ansioso depressivo a causa del licenziamento. Il Tribunale aveva però respinto la domanda dell’attore rivolta principalmente alla reintegra ma la Corte di appello a parziale riforma della sentenza di primo grado,aveva invece ordinato la reintegrazione e la corresponsione delle retribuzioni “medio tempore” maturate, ma non riconoscendo il danno richiesto dall’attore. La Corte di Appello- ed è questo il punto su cui si incentra la pronuncia accoglitiva del gravame da parte della Cassazione- aveva ritenuto che lo stato invalidante era stato accertato dal Giudice di primo grado e che dunque su tale punto la sentenza fosse passata in giudicato. La pronuncia della Suprema Corte invece, incentrando il suo ragionamento proprio in relazione alla dimostrazione dello stato di malattia, ritiene che il giudizio della Corte di Appello di Napoli sia erroneo e che dunque “la circostanza della possibilità di guida della moto e di essersi recato al mare,doveva far ritenere quanto meno sussistente un attività dell’attore in contrasto con gli obblighi di cura e riposo in modo da non compromettere ulteriormente la guarigione”. La Cassazione ritiene pertanto che è erroneo il giudizio in base al quale questi comportamenti non furono ritenuti idonei a compromettere l’interesse del datore di lavoro ad una pronta guarigione del lavoratore, peraltro in contrasto con i principi già espressi dalla Corte medesima; in particolare la sentenza della Corte di Appello non si è attenuta rispettivamente alle sentenze della Cass.7 giugno 1995 n° n°6399 e Cass. 1 luglio 2005 n°14046 . Infine la Suprema Corte applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame e concludendo per l’accoglimento del ricorso limitatamente al primo motivo del ricorso con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione stabilisce il seguente principio di diritto “l’espletamento di altra attività lavorativa ed extralavorativa da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione,posto che il fatto di guidare una moto di grossa cilindrata,di recarsi in spiaggia e di prestare una seconda attività lavorativa,sono di per sé indici di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione,oltre che dimostrativi del fatto che lo stato di malattia non è assoluto e non impedisce comunque l’espletamento di un’attività ludica o lavorativa”.
Maurizio Danza –Arbitro Pubblico Impiego Lazio