lavoroprevidenza

martedì 21 luglio 2009

Quale cultura ?

Quale cultura ?
-La lunga gestione dei nuovi rapporti lavorativi nel pubblico-
del nProf. Sergio Sabetta
“ La conoscenza non basta a un uomo vero, se non accompagnata dalla saggezza”( Sap. 9 – Bibbia)


“Per molti paesi l’arte della mediazione politica si ritrova nella capacità di muoversi nelle nebbie, nel simulare gli atteggiamenti, nel rendere poco chiari programmi e progetti di governo” (Petrocelli), in questa mancanza di trasparenza i modelli avanzati di budgeting risultano pertanto rari, ma questa cultura è anche frutto di un potere inteso in senso oppressivo e quale necessaria organizzazione di una difesa della comunità da forze minaccianti esterne.
L’accentramento è semplificazione culturale e gestionale, quindi velocità di reazione a scapito delle valutazioni di economicità, la minaccia all’esistenza giustifica qualsiasi costo di sopravvivenza, solo l’uscita dalla guerra come minaccia fisica e la trasformazione dello scontro in termini di sistemi e crescita economica ha portato all’emergere della valutazione dei costi e quindi della necessità della trasparenza politica quale premessa per una trasparenza contabile, circostanza molto difficile in termini di potere politico.
Se la crescita tecnica dell’informatica ha permesso e permetterà ancor più in futuro una analisi economica analitica del bilancio pubblico, facilitando il processo di budgeting e le conseguenti valutazioni di performance, nasce il problema a monte del modello sociale ed economico su cui la tecnica del potere dovrà e vorrà essere esercitata.
Quale cultura per quale potere !
Il decentramento amministrativo accompagnato al modello contrattuale privato, senza una adeguata cultura dell’appartenenza e dei risultati, ha portato a sua volta ad applicazioni improprie sui premi e sulla produttività nella contrattazione pubblica di II livello, tanto che in molte realtà amministrative si sono ad esempio distribuiti premi di produttività sull’accertato e non sul riscosso favorendo comportamenti discorsivi del personale con ulteriori problematiche nel rapporto tra amministrazioni e utenti.
Se tutte le condizioni storiche precedenti sono state trasformate è naturale una lunga fase di gestazione nella quale vi è una nebulosità e ambiguità dei rapporti sociali, alla ricerca di meglio delineate riconfigurazioni degli stessi rapporti sociali e quindi lavorativi ( La Grassa).
Si invoca l’utile anche nella lotta politica, dimenticando il senso del giusto, ma questi è insito nella stessa correttezza che si intenderebbe introdurre con le tecniche di budgeting, proprio le resistenze che incontrano sono frutto di una visione accentrata fondata su un potere strettamente gerarchico e non esplicitato nei fini. Ma la stessa dialettica introdotta da tali tecniche si può risolvere in una moltiplicazione dei centri di potere autoreferenziali se non sorretta da una forma di cultura amministrativa diversa comunque premiante per chi la possiede, sia in termini finanziari che di riconoscimento sociale in modo tale che si espanda per imitazione, altrimenti l’uso di indicatori ed obiettivi sui programmi e progetti rimarrà una rarità e tutto si risolverà in una apparente asettica analisi degli andamenti finanziari.
E’ stato osservato che la cultura è il frutto di personalità dominanti nella società (Tosi – Pilati) e si esplica, secondo il lavoro di Hofstede, su cinque dimensioni:

• Avversione all’incertezza;
• Distanza dal potere;
• Individualismo e collettivismo;
• Mascolinità e femminilità;
• Orientamento al lungo o al breve periodo.

Il concetto di riduzione della distanza dal potere non può essere disgiunto da un orientamento a lungo periodo e da un temperamento sia dell’individualismo che della mascolinità, intesa quale aggressività, se non si vuole mantenere un concetto del potere autoreferente e non disposto al coinvolgimento nella comunità, pertanto trasparente sugli obiettivi e le risorse impiegate.
La modifica culturale favorisce quelle che Bachrach e Baratz definiscono le variabili del cambiamento:

• La qualità e la quantità delle risorse a disposizione;
• La scala di priorità degli obiettivi politici immediati, tra cui la loro definizione a fini esterni;
• La disponibilità degli attori ad impiegare le risorse necessarie al cambiamento;
• La consapevolezza e dimostrazione della strategia perseguita.

La barriera culturale costituita da valori e credenze condivise dalla maggioranza è il primo ostacolo da superare nel cambiamento, i problemi normativi, istituzionali, ossia procedurali, e di manipolazione decisionale sono solo a seguire e comunque in prevalenza quale conseguenza del primo aspetto.
Qualsiasi proposta di cambiamento se non soffocata al momento della formulazione o affossata nell’arena decisionale subirà tentativi di vanifica nella fase attuativa, mediante inerzia o interventi nell’asse procedurale secondo le logiche di interessi espressioni della cultura prevalente.
D’altronde l’inerzia è una delle caratteristiche storiche della macchina burocratica come la concezione privatistica della stessa (Hunter), sia da parte del potere politico che di una parte della stessa struttura burocratica.
Come afferma Hamel il rinnovamento culturale dipende anche dalla capacità di costruire proposte di valore, le quali devono tuttavia integrare culture diverse (Martelli) e questo riguarda anche il pubblico con tutte le sue peculiarità.
Il manifesto che nel maggio 2008 in California è stato elaborato e firmato da 35 teorici e pratici della strategia e del management ha posto 25 sfide per una “road map” del management, in queste tra le altre la necessità di evitare distorsioni prospettiche a causa dei sistemi di incentivi e retribuzioni, l’uso distorto dell’informazione, ma soprattutto per seguire comportamenti socialmente responsabili incorporando valori umani non direttamente economici in termini utilitaristici, ma sostenibili nel tempo. Se queste sono esigenze emerse con tutte le difficoltà nel privato, altrettanto può dirsi relativamente alla necessità di rifondare una cultura del pubblico come riconoscimento di comunità contrapposta alle patologie di gerarchie formali.


Bibliografia

• M. Petrocelli, La modernizzazione del settore pubblico nei paesi ad economia avanzata, il processo di budgeting e le regole fiscali, Università telematica Guglielmo Marconi, 2004;
• G. La Grassa, Tutto torna, ma diverso, Il giornale della filosofia, 12-22, 23, 5 – VIII, n. 2/2008;
• H. L. Tosi – M. Pilati, Comportamento organizzativo, Egea, 2008;
• G. Hofstede, Culture and Organizations: Software of the Mind, Mc Graw Hill, 1991;
• P. Brachrach – M.S. Baratz, Le due facce del potere, Liviana, 1986;
• F.R. Hunter, Community Power Succession: Atlanta’s Policy Makers Revisited, University of North Carolina Press, Chapel Hill, 1980;
• A. Martelli, Strategie radicat enel reale, Commento a G.Hamel. Le grandi sfide per il management del XXI secolo, in Harward Business Review, 86-87, 4/2009, Strategi’s Edizioni;
• G.Hammel – B. Breen, Il futuro del management, Etas, 2008;
• C. Mazzucchelli, Uscire dalla crisi attraverso una nuova conoscenza, un nuovo management ed un nuovo metodo di governo per immaginare e realizzare una nuova società, in ComplexLab.com.



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