venerdì 25 settembre 2009
La forma scritta del CCNL e del contratto aziendale
Per quanto concerne i contratti collettivi di diritto comune, una volta venuto meno l´ordinamento corporativo e, quindi, la non applicazione dell’art. 2072, si pone il problema della necessità della forma scritta, anche se, tale problema va posto anche, per il mandato conferito dai lavoratori ai rappresentanti sindacali, relativo alla conclusione di un accordo aziendale, di conseguenza, per il contratto collettivo aziendale.
Con una prima sentenza, la sezione lavoro della Corte di Cassazione affermò che il contratto collettivo, della cui natura partecipa l´accordo nazionale, esige per la sua stipulazione (anche dopo l´abolizione dell´ordinamento corporativo) la forma scritta ad substantiam (Cass. civ., 11 giugno 1987, n. 5119, in OGL, 1987, 870).
Tale pronuncia fu emessa in una controversia nella quale l´impresa datrice di lavoro assumeva che un accordo aziendale, avente ad oggetto una determinata modalità di corresponsione della retribuzione - c.d. mensilizzazione -, era stato risolto con un nuovo accordo, risultante da fatti concludenti. La Corte di Cassazione cassò la sentenza del Tribunale di Pavia, che aveva ritenuto valido l´accordo tacito risolutorio, osservando che, pur non esistendo nell´ordinamento una norma che disciplinasse il contratto collettivo ed, in specie, la forma di esso, tuttavia l´esistenza di disposizioni di legge, che ai contratti collettivi rinviavano, consentiva di affermare che esse presupponevano la stipulazione per iscritto dei contratti collettivi.
Tali norme vennero individuate, a titolo esemplificativo, nell´art. 410 c.p.c. sulle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi; b) nell´art. 2113 c.c. sull´invalidità delle rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili dei contratti collettivi; c) nell´art. 2077 c.c. sulla prevalenza delle clausole dei contratti collettivi più favorevoli ai lavoratori su quelle meno favorevoli dei contratti individuali.
Inoltre, si precisò che il contratto collettivo è stipulato dall´organizzazione sindacale ed è ritenuto vincolante, ricorrendo allo schema del mandato con rappresentanza, mandato conferito dal lavoratore alla organizzazione predetta; ora, per il rispetto del principio dell´affidamento, appare inammissibile che una organizzazione stipuli per iscritto il contratto, il lavoratore faccia su di esso contratto affidamento e poi veda venir meno e caducata una clausola a suo favore senza una ulteriore manifestazione scritta di volontà, da parte della stessa organizzazione stipulante mandataria, bensì soltanto in dipendenza di un mutuo consenso a porre nel nulla quella clausola di favore.
Pertanto, può concludersi per la stipulazione del contratto collettivo è richiesta la forma scritta ad substantiam, si che un mutuo consenso, tra il datore di lavoro ed organizzazioni sindacali stipulanti, al suo scioglimento non è consentito (Cass. civ., 11 giugno 1987, n. 5119, in OGL, 1987, 870).
Con una seconda decisione, la giurisprudenza di legittimità, risolvendo il diverso, ma connesso problema della necessità della forma scritta per il mandato conferito dai lavoratori ai rappresentanti sindacali, relativo alla conclusione di un accordo aziendale avente ad oggetto la sospensione del rapporto, ritenne valido il mandato, conferito con comportamenti concludenti, in quanto non era prevista la forma scritta ad substantiam per la stipulazione dell´accordo aziendale (Cass. civ., 3 novembre 1987, n. 8083, in MGI, 1987).
Successivamente, la Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. lav., 23 novembre 1989, n. 5034), richiamandosi espressamente alla citata sentenza n. 5119 del 1987, ne confermò l´orientamento adottato, aggiungendo, tra le disposizioni che presupponevano la stipulazione per iscritto dei contratti collettivi, l´art. 3 della l. 14 luglio 1959, n. 741 - c.d. legge Vigorelli -, che imponeva l´obbligo del deposito per l´estensione erga omnes dei contratti collettivi.
Più di recente, l´orientamento che postula la forma scritta è stato ribadito con il mero richiamo al precedente (Cass. n. 5119 del 1987), in una controversia in cui si discuteva se una determinata prassi aziendale fosse tale da costituire uso negoziale o esecuzione di un accordo aziendale tacito ed al fine di escludere tale seconda ipotesi (Cass. civ., sez. lav., 25 gennaio 1993, n. 823).
Successivamente, la Corte, in consapevole contrasto con la sentenza n. 5034 del 1989 citata, in una controversia in cui si discuteva, tra l´altro, della validità di un contratto aziendale non stipulato per iscritto, avente ad oggetto il pagamento integrale della retribuzione in periodo di collocamento in cassa integrazione guadagni, ha affermato la validità del contratto stesso, ritenendo che le norme che rinviano ai contratti collettivi non sono idonee a stabilire l´esigenza per essi della forma scritta ad substantiam, e sono predisposte a fini ulteriori rispetto a quelli immediati tra le parti (Cass. civ., sez. lav., 3 aprile 1993, n. 4030, in NGL, 1993, 317).
Secondo tale pronuncia, ragioni di mera opportunità possono consigliare la forma scritta, ma non far ritenere che essa sia imposta dalla legge.
Infine, in una controversia comportante tra l´altro l´accertamento dell´esistenza e validità di un accordo tacito sui giorni della settimana in cui si sarebbero potute tenere assemblee sindacali, la Corte di Cassazione ha affermato che tale accordo sarebbe stato valido anche se non stipulato per iscritto, dopo aver dato atto dell´esistenza sul punto di un orientamento non univoco (Cass. civ., sez. lav., 3 marzo 1994, n. 2088, in MGI, 1994).
Inoltre, non va dimenticato che è prevalente in dottrina e consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio che le norme, le quali prevedono che determinati contratti o atti debbano essere posti in essere in determinate forme, di norma, ma non sempre l´atto scritto, siano di stretta interpretazione, non suscettibili, cioé di applicazione analogica (c.d. principio di libertà delle forme). Il convincimento si fonda sul rilievo che l´art. 1325, n. 4 c.c., il quale include tra i requisiti del contratto la forma, quando risulta che è prescritta a pena di nullità, si deve interpretare nel senso che il termine forma deve intendersi nel senso di una determinata forma, posto ché qualsiasi atto, per esistere nel mondo giuridico, deve pur sempre manifestarsi all´esterno ed assumere, quindi, una forma. In questo ordine d´idee, si parla comunemente di forma libera, come regola, di forma vincolata, come eccezione.
Talvolta, però, la Corte di Cassazione, a sezione unite, è pervenuta ad affermare la necessità della forma scritta anche per atti, per i quali siffatta prescrizione non derivava da espressa disposizione di legge, sulla base dell´interpretazione estensiva e non analogica di norme che imponevano la redazione per iscritto di atti connessi. Si pensi, per esempio, al contratto risolutorio di preliminare comportante l´obbligo di trasferire la proprietà o diritti reali su immobili (Cass. civ., sez. un., 28 agosto 1990, n. 8878, in MGI, 1990).
Comunque, per quanto concerne i contratti collettivi, una volta venuto meno l´ordinamento corporativo, nessuno contesta l´inesistenza di una norma, che per essi preveda l´adozione ad substantiam della forma scritta.
Coloro che affermano la necessità dell´atto scritto è le suindicate sentenze che a tale orientamento si sono uniformate si rifanno o ad esigenze funzionalistiche oppure a norme che presuppongono l´esistenza di un testo scritto del contratto collettivo.
Ma né l´uno né l´altro ordine di argomenti è idoneo a sostenere la tesi.
Le esigenze relative alla funzione dei contratti collettivi possono consigliare l´uso della forma scritta.
E, su questo piano, non è superfluo rilevare da un lato l´esiguità del numero delle controversie cui il problema della forma dei contratti collettivi ha dato luogo, dall´altro che esse hanno sempre riguardato contratti aziendali, aventi un oggetto semplice o di modesta complessità.
Il rilievo che quasi sempre in concreto la forma scritta viene adottata per ragionevoli motivi di opportunità non giustifica però in alcun modo la praticabilità di un procedimento di applicazione analogica, per il quale difetta il preciso termine di riferimento, e cioé la norma o il principio che dovrebbe essere analogicamente applicati.
Quanto alle norme che presuppongono o presupporrebbero l´atto scritto, si può osservare: a) alcune, come gli artt. 2077 e 2113 c.c. non attengono neppure indirettamente alla forma del contratto; b) altre, come l´art. 3 della citata l. n. 741 del 1959, gli art. 410, 425 c.p.c. ed altre ancora consimili non prescrivono che il contratto collettivo debba venire ad esistenza in forma scritta, ma comportano l´esigenza, ai fini diversi dalla validità del contratto, di un testo scritto; testo che può essere frutto anche di attività puramente ricognitiva.
Da tali considerazione, si evince che non sussiste alcuna norma che preveda, per i contratti collettivi post - corporativi, l´adozione ad substantiam della forma scritta, nè possono supplire a tale carenza esigenze funzionalistiche o riscontri di norme che presuppongono l´esistenza di un testo scritto del contratto collettivo, posto che le esigenze relative alla funzione dei contratti collettivi possono consigliare l´uso della forma scritta e che il rilievo che quasi sempre la forma scritta viene adottata per ragionevoli motivi di opportunità non giustifica in alcun modo la praticabilità di un procedimento di applicazione analogica per il quale difetta il preciso termine di riferimento, e cioè la norma o il principio che dovrebbe essere analogicamente applicato. Nella specie è stata confermata la sentenza che aveva ritenuto la validità dell´accordo aziendale concluso verbalmente in ordine alla concordata natura festiva del giorno 16 agosto (Cass. civ., sez. un., 22 marzo 1995, n. 3318, in MGI, 1995).
Articolo dell´Avv. Rocchina Staiano