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   giovedì 15 luglio 2004

Mansioni superiori

di Bari -sezione lavoro-

CORTE D APPELLO DI BARI - SEZIONE LAVORO – SENTENZA 16.03.2004 n. 403/2004 (Presidente dott. D. BERLOCO, M. CRISTINO, M. DE CILLIS): L. M., - appellante – avv. A. F. B. M. c/ AUSL BA/4 – appellata - avv. G. C.; nell’appello r.g. n. 2103 dell anno 2003.



Il diritto alle differenze retributive per l’esercizio di mansioni superiori, per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, spetta al “dirigente medico di I livello” già, “aiuto” che abbia svolto le mansioni relative alla qualifica funzionale apicale, propri del “dirigente medico di II livello” già “primario”, a condizione che il posto fosse previsto dalla pianta organica, che le funzioni fossero state conferite su incarico formale, che quest’ultime fossero state effettivamente svolte.

Si ringrazia per l invio della seguente sentenza l Avv. Fedele Marotti






R.G. n. 2103/2003

Sent. n. 403/2004

Cron. N. 1723/2004



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D APPELLO DI BARI

SEZIONE LAVORO



composta dai signori magistrati:



1) dott. Donato BERLOCO, Presidente

2) dott. Michele CRISTINO, Consigliere

3) dott. Marcello DE CILLIS, Consigliere rel.



ha pronunciato la seguente



SENTENZA



nella causa iscritta sul ruolo generale lavoro sotto il numero d ordine 2103 dell anno 2003

tra



L. M., rappresentato e difeso dall avv. A. F. B. M., presso il cui studio in Bari è elettivamente domiciliato

- appellante –

e



AUSL BA/4 (già azienda ospedaliera "Di Venere ? Giovanni XXIII) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall Avv. G. C., presso il cui studio in Bari risulta elettivamente domiciliata



- appellata –

***

Svolgimento del processo



Con ricorso in data 8.11.2001 il dott. L. M., premesso di essere dipendente della locale azienda ospedaliera con la qualifica di dirigente medico di I livello di servizio di "Immunoematologia e trasfusione" e di aver svolto, su formale incarico dell azienda ed in occasione della vacanza del posto di dirigente di II livello del predetto servizio, le funzioni e le mansioni corrispondenti a tale qualifica, adiva il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, per ivi sentire accertare il suo diritto a percepire le differenze retributive spettanti in forza dell incarico per le mansioni superiori espletate dal 13.10.1997 all 1.3.99 (data di nomina dei primario titolare) e, per l effetto, condannare l azienda ospedaliera al pagamento, in proprio favore, della complessiva somma di £. 31.437.427, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

A fondamento di tale domanda l istante invocava, tra l altro, l art. 29 del dpr. 20.12.1979 n. 761, in base al quale il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori sarebbe maturato a decorrere dal 61° giorno dall inizio dell incarico (nella specie dal 14.12.1997).

Regolarmente instauratosi il contraddittorio nei confronti dell azienda convenuta (che contestava il ricorso ed instava per il suo rigetto), all esito dell udienza di discussione, il Tribunale adito, dividendo l orientamento sopravvenuto in materia di riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo ed autorità giudiziaria ordinaria, con sentenza del 18.11.2002, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente "alla parte della domanda che si riferisce al periodo sino al 30.6.1998" e rigettava nel merito l istanza "per la parte che si riferisce al successivo periodo di lavoro sino al 1.3.99".

Avverso tale pronuncia, con ricorso depositato in data 30.10.2003, interponeva appello il Lancieri esprimendo manifesta acquiescenza al capo della sentenza relativa al riparto della giurisdizione, riducendo la propria domanda al riconoscimento del diritto alle differenze retributive per il solo periodo dal 1.7.98 al 1.3.99 (ossia limitatamente al "tempo" per il quale il Tribunale di Bari - giudice del lavoro, aveva riconosciuto la propria giurisdizione in materia) e chiedendo, quindi, la condanna della convenuta al solo pagamento di tale minor credito, quantificato in € 8.470,121 (oltre interessi e rivalutazione monetaria).

Nel merito l appellante contestava decisamente l argomentazione decisionale posta a base della pronunzia di rigetto ed assumeva, in particolare, l erroneità del decisum sia in merito all esclusione di tutela in virtù della richiamata normativa di cui all art. 19 co. 1° del d. lgs. n.29/93 (riprodotta, poi, nel d. lgs. 165/2001), sia con riguardo all asserito difetto di incarico formale, sia in relazione all’erroneo inquadramento dell attività svolta nell ambito di semplici funzioni "vicariali" (che, rientrando nei compiti d istituto normativamente previsti, non avrebbero dato diritto ad alcuna maggiorazione della retribuzione) sia, infine, in ordine alla dichiarata esclusione della disciplina di cui all’art. 56 del d. lgs. 29/93, asseritamente applicabile solo al personale con qualifica non dirigenziale.

Regolarmente ricostituito il contraddittorio, l AUSI, BA/4 (subentrata nelle more all azienda ospedaliera "Di Venere ? Giovanni XXIII), si costituiva in giudizio sostenendo le ragioni dell impugnata pronuncia di prime cure e ribadendo, peraltro in maniera succinta e generica, l’infondatezza dell iniziale domanda attorea.

All udienza del 16.3.2004 la causa veniva discussa e decisa come da separato dispositivo.

Motivi della decisione

Limitatamente a quanto espressamente devoluto a questo giudice, l appello è fondato e può essere accolto.

Anzitutto va precisato che sin dal primo giudizio il ricorrente ha fornito la prova (documentale) sia dell intervenuto incarico, formale per l espletamento delle mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore alla sua (cfr. nota n. 8373/11 dei 29.5.98), sia dell effettivo esercizio di tali superiori attribuzioni (cfr. note e disposizioni interne redatte ed impartite da L. in qualità di responsabile del "servizio di immunoematologia e trasfusione" sia, infine, della temporanea vacanza del posto di Dirigente medico di secondo livello" (già "primario") nel periodo di riferimento e della pendenza del bando di concorso per la copertura di tale posto (cd. "avviso pubblico" pubblicato sul BUR della Regione Puglia n. 38 del 23.4.98).

Di contro la convenuta non ha contestato i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda e, cioè, che il dott. L., per il periodo in esame, ebbe a svolgere compiti ed attribuzioni propri del responsabile del servizio e, quindi, tipici del dirigente di II livello, ma si è limitata ad offrire una propria interpretazione della lettera d incarico del 29.5.98, qualificata come atto ricognitivo della vicaria ordinaria. normativamente prevista per il (dirigente medico di I livello in) caso di o impedimento del "primario".

Se consegue che, indiscusso l avvenuto effettivo compimento, da parte del dott. L., di proprie del livello funzionale superiore al suo e delle mansioni di responsabile del servizio sanitario di competenza ("servizio di immunoematologia e trasfusione"), il thema decidendum a questo giudice esula senz .altro dall attribuibilità delle mansioni (recte: funzioni) superiori (senz’altro esclusa in radice) e concerne esclusivamente l accertamento dell eventuale diritto alla differenza retributiva tra il trattamento economico della qualifica funzionale apicale specie ed all epoca dei fatti "dirigente medico di Il livello", già "primario") e quello ente alla qualifica immediatamente inferiore (nella specie "dirigente medico di I livello", già aiuto)

Al riguardo, occorre, altresì, sgombrare il campo d analisi da un primo possibile "equivoco" ingenerato dalla prospettata questione e, in qualche modo, ventilato nelle prime difese dell azienda resistente.

Ci s intende riferire al fatto che l attività svolta dal dott. L. fu espletata non già in assenza o impedimento del "primario" del servizio di immunoematologia e trasfusione ma nella "vacanza” in organico del relativo posto apicale.

Da ciò consegue che quelle espletate dal ricorrente non furono funzioni vicarie di quelle rientranti nella qualifica funzionale superiore che, in quanto tali, presupponendo soltanto la temporanea "sostituzione" del primario impedito o assente (per malattia, ferie, congedo, missione o aspettativa), sarebbero rientrate nei suoi compiti ordinari d istituto (arg. ex art. 7 co. 5° dpr. 27.3.1969 n. 128 e art. 29 co. 3° dpr. 20.12.1979 n.761) e non avrebbero prodotto alcun diritto ad ma maggiorazione della retribuzione dovuta (cfr. art. 29 co. 3° cit.), ma furono mansioni tipiche ed esclusive della qualifica superiore, svolte per un periodo di tempo in cui, pur esistendo in organico d posto di "primario" (dirigente medico di Il livello), lo stesso era tuttavia "vacante".

Con l ulteriore conseguenza che, nel periodo in rassegna, la situazione determinatasi presso il servizio di immunoematologia e trasfusione dell ospedale "Di Venere" di Bari era tale che, senza lo svolgimento delle superiori funzioni dirigenziali da parte del sostituto, la struttura sanitaria, normativamente affidata alla direzione ed alla responsabilità del dirigente, sarebbe rimasta priva dell’organo di vertice responsabile dell attività esercitata al suo interno, con un conseguente quanto non tollerabile vuoto organizzativo ed ingiustificabile soluzione di continuità nella sua stessa direzione.

Ma se così è, già sotto tale profilo è possibile sostenere che lo svolgimento delle mansioni (funzioni primariali da parte dell aiuto (id est, dirigente medico di I livello), in occasione ed a causa della vacanza del posto dei primario (id est, dirigente medico di II livello), assume rilievo ai fini del riconoscimento delle differenze retributive rivenienti dalla comparazione del trattamento economico previsto per le due fasce di livello.

Tale assunto, peraltro, appare in consonanza con quell orientamento giurisprudenziale che, espresso nella vigenza della giurisdizione del giudice amministrativo per i rapporti di pubblico impiego, ha ritenuto che il diritto alla maggiorazione economica spettasse a condizione “della riferibilità delle mansioni superiori ad un posto di organico vacante e ad un provvedimento formale d incarico dell organo competente" (Cons. Stato, sez. V, 8.7.2003 n. 7115; sez. V, 8.1.2002 n. 96; sez VI, 29.3.2001 n.1870) o, anche, "indipendentemente da ogni atto organizzativo dell amministrazione" (Cons. Stato, sez. V, 13.12.2002 n. 2597; 5.11.2002 n. 6017; 20.10.2000 n.5650) e finanche senza la necessaria “presenza dei due concomitanti requisiti della disponibilità del posto o della formale delibera di conferimento dell incarico " (Cons. Stato, sez. V, 16.7.2002 n. 3962).

o

Tanto premesso, escluso che il ricorrente avesse svolto funzioni "vicarie" del dirigente di II livello (a cui era affidata la responsabilità del servizio di appartenenza), ossia compiti ordinari della propria posizione funzionale, occorre verificare se, nella specie, ricorrano tutte le condizioni per il riconoscimento del diritto alle reclamate differenze retributive.

Ad avviso del collegio la risposta non può che essere affermativa.

Torna alla maAnzitutto, non v è dubbio che, per il periodo in questione, presso l azienda ospedaliera "Di Venere ? Giovanni XXIII” di Bari era previsto in organico il posto di dirigente medico di II livello per il servizio di immunoematologia e trasfusione e che tale posto era vacante (tant è che era già stata avviata la procedura dell avviso pubblico per la copertura del posto: v. sopra).

schera di ricercaIn secondo luogo non può neppure dubitarsi che a tale funzione apicale era connessa la direzione e la responsabilità del predetto servizio medico ? sanitario.

In terzo luogo è anche certo che, in presenza della vacanza in organico del posto di dirigente medico di II livello, a L., dirigente medico di I livello, furono formalmente "riconosciute le funzioni e le mansioni di responsabile" dei servizio d appartenenza (cfr. nota 8373/11 del 29.5.98).

Orbene, in siffatto contesto di fatto, il diritto alla maggiorazione retributiva trova il proprio fondamento nel combinato disposto di diverse norme di settore, interpretate alla luce dell art. 2126 cod. civ. e dell art. 36 della Costituzione.

Al riguardo occorre richiamare, anzitutto, l art. 29 del dpr. 761/79.

Tale previsione normativa, nello stabilire i principi regolatori in materia d inquadramento dei personale sanitario, mentre prevede, al secondo comma, la possibilità dell adibizione temporanea a mansioni superiori per eccezionali esigenze di servizio e per un tempo non superiore ai 60 giorni senza maggiorazione del trattamento economico, al terzo comma esclude espressamente la configurabilità dell esercizio di mansioni superiori [e, quindi, la maggiorazione stipendiale] quando la sostituzione del personale di posizione funzionale più elevata rientri tra i compiti ordinari della propria posizione funzionale (tra cui la funzione vicariale).

Orbene, seguendo un consolidato orientamento sia della giurisprudenza amministrativa che della corte costituzionale, è possibile ritenere che la previsione del citato secondo comma dell art. 29, interpretata sia alla luce della regola indicata nel comma successivo che dell art. 2126 cod. civ. e di altre norme del sistema (artt. 55 ? 121 dpr. 28.12.1990 n. 384 e succ. modifiche, artt. 56 ? 57 d. lgs. 23/93 e succ. modifiche; art. 25 d. lgs. 23.12.1993 n.546), rende legittimo il riconoscimento del trattamento retributivo differenziale allorquando lo svolgimento delle mansioni superiori si sia protratto oltre i previsti sessanta giorni (per i quali è esclusa per legge la retribuibilità) e sia intervenuto per assicurare un servizio altrimenti non espletabile per "vacanza" del relativo posto in organico.

A tal uopo si è sostenuto non solo che l adibizione del pubblico dipendente a mansioni superiori costituisce un indebito arricchimento della p.a. e, quindi, il diritto alla maggiore retribuzione deriva dalla diretta applicazione dell art. 36 Cost. secondo il meccanismo dell art. 2126 cod. civ. (cfr. Corte Cost. 57/89), ma anche che, poiché l art. 29 dpr. 761/79 prevede la fattispecie dell adibizione temporanea per sessanta giorni, nel caso in cui questo periodo sia superato, il diritto alla maggiore retribuzione deriva dall applicazione dell art. 2126 cod. civ., in combinato disposto con l art. 36 Cost., senza che, però, possa trovare applicazione l art.2103 cod. civ. in relazione al superiore inquadramento (cfr. Corte Cost. 296/90; 22.7.1996 n.289).

A ciò aggiungasi che tale orientamento, oltre a trovare riscontro in numerose pronunce in materia del giudice amministrativo (v. sopra), ha finito per incidere anche sull assetto normativo conferito all istituto dell adibizione alle mansioni superiori, introdotto con la generale disciplina del rapporto di pubblico impiego privatizzato (d. lgs. 30.3.2001 n. 165).

Infatti, mentre l originaria previsione di cui all art.56 del d. lgs. 29/93, come sostituito dall art. 25 dei d. lgs. 80/98, pur prevedendo la possibilità di adibire il dipendente pubblico a mansioni superiori in presenza di determinate condizioni ed a certi limiti (cd. modifica verticale delle mansioni), escludeva espressamente che lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza potesse comportare il diritto "a differenze retributive" o "ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore", l attuale formulazione della norma (ormai confluita nell art. 52 del d. lgs. 165/2001), riveniente da una modifica introdotta dall art. 15 dei d. lgs. 397/98 (che ha soppresso le parole "a differenze retributive o" di cui all ultimo periodo dei comma 6 dell art. 56 cit., ora art. 52 co. 6 d. Lgs. 165/2001), ha chiaramente, ancorché implicitamente, riconosciuto che lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza (e, quindi, lo svolgimento di un lavoro di maggior valore professionale) comporta il diritto alla conseguente maggiorazione,retributiva: e ciò, quanto a meno a decorrere dal 23.11,1998, data di entrata in vigore dell art. 15 d.. lgs. 387/98.

Con l ulteriore conclusione che, sebbene l originario criterio informatore della disciplina dell esercizio delle mansioni superiori nel pubblico impiego fosse quello dell irrilevanza giuridica ed economica del loro svolgimento (a sua volta connesso al principio per il quale, nel sistema del pubblico impiego, il parametro al quale riferire la retribuzione è quello della formale qualifica di appartenenza del dipendente), l attuale assetto normativo di cui all art. 52 d. lgs. 165/2001 (già art. 56 d. lgs. 23/93 come successivamente modificato) consente di ritenere che, sia pure entro determinati limiti ed a certe condizioni (espressamente indicati nella predetta norma), l eventuale adibizione del pubblico dipendente a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore determina il suo diritto al trattamento economico previsto appunto per tale qualifica superiore.

Residuando così, nel generale sistema del pubblico impiego, solo l irrilevanza "giuridica" (e non anche economica) dello svolgimento di mansioni superiori, espressamente sancita mediante la previsione dell inefficacia dell esercizio di tali mansioni ai fini del l inquadramento professionale del lavoratore e del suo avanzamento automatico ovvero ai fini del l assegnazione di incarichi di direzione (arg. ex art. 52 cit.).

Infine, non può trascurarsi di rilevare che, prima della progressiva "privatizzazione" del pubblico impiego e dell attuale assetto normativo, un eccezione alla regola dell irrilevanza "economica" dell esercizio di mansioni superiori era costituita dall eventuale espressa previsione di una norma specifica che consentisse di dare rilievo, sia pure solo economico, a tale esercizio: come, appunto, per il comparto sanitario, l indicata previsione dell art. 29 dpr. 761/79 (non ancora abrogata).

Con conseguente attribuibilità, in costanza delle ulteriori condizioni richieste (riferibilità delle mansioni superiori ad un posto di organico vacante e conferimento formale dell incarico) del trattamento retributivo differenziale.

o

Orbene, sulla scorta delle brevi annotazioni che precedono, il diritto vantato dal ricorrente, per il temporaneo esercizio delle funzioni e mansioni di responsabile" del servizio di immunoematologia e trasfusione dell ospedale "Di Venere" come riconosciutegli ed attribuitegli con atto formale del 29.5.98, può essere riconosciuto sulla base del quadro normativo e giurisprudenziale appena delineato: tenendo conto, in particolare, dell operatività dell art. 29 dpr. 761/79 (nella consolidata interpretazione già richiamata) per il periodo dall 1.7.98 sino al 22.11.98 e dell art. 56 d. lgs. 23/93, come sostituito dall art. 25 del d. lgs. 80/98 e modificato dall art. 15 del d. lgs. 387/98 per il residuo periodo dal 23.11.98 al 28.2.99 (tali essendo le norme in vigore per il periodo di riferimento).

Né tale ricostruzione può essere disattesa in ragione dell assunta esclusione di qualsiasi tutela giuridica (del più impegnativo lavoro professionale svolto) derivante dalla rivestita qualità di “dirigente".

Al riguardo il primo giudice, partendo proprio da tale qualifica, dopo aver richiamato l art. 15 d. lgs. 30.12.1992 n. 502 (in materia di dirigenza medica e delle professioni sanitarie) e l ultimo inciso dei comma P dell art. 19 del d. lgs. 23/93, come modificato dall art. 5 del d. lgs. 387/98, che espressamente esclude l applicazione dell art. 2103 cod. civ. "al conferimento degli incarichi (dirigenziali) ed al passaggio ad incarichi diversi", ha concluso per l inapplicabilità "ai dirigenti medici" di "una qualsiasi disciplina che valorizzi, sia pure solo ai fini retributivi, lo svolgimento di mansioni superiori (cfr. pag. 19 sent. impugnata).

Ora tale conclusione non può essere condivisa.

Anzitutto è erroneo il riferimento all inciso “1a dirigenza sanitaria è disciplinata dal decreto legislativo 3.2.1993 n.29 e successive modificazioni, salvo quanto previsto nel presente decreto" attribuito al corpo normativo dei art. 15 d. lgs. 502/92 "nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dall art. 13 d lgs. 19.6.1999 n. 229", atteso che il suddetto inciso, ovviamente inesistente nel testo originario dei citato d. lgs. 502/92 (anteriore al d. lgs. 29/93), risulta introdotto soltanto con la modifica apportata all art. 15 cit. dall art. 13 del d. lgs. 229/1999.

Sicché, dovendosi aver riguardo, nel caso di specie, al periodo di lavoro intercorrente tra il 1.7.98 ed il 28.2.99, la normativa applicabile alla dirigenza medica era quella di cui all art. 15 del d. lgs. 502/92 nel testo originario (in cui non compariva il suddetto inciso).

In secondo luogo, non può trascurarsi di rilevare che, proprio in ragione di tale art. 15 d. lgs. 502/92 nel testo non ancora sostituito dal d. lgs. 19.6.1999 n.229, nel periodo in rassegna (1.7.98 ?28.2.99) la dirigenza sanitaria era articolata "in due livelli” dirigenziali (l unificazione in "un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali” risultando introdotta solo con il successivo d. lgs. 229/99, non applicabile al caso di specie) ed era disciplinata secondo le regole previste nella stessa norma (in particolare nel V comma, come risultante dall art. 16 co. I° d. lgs. 7.12.1993 n.517), nell art. 2 co. I° quinquies del d.l. 18.11.1996 n. 583 convertito, con modifiche, nella L. 17.1.1997 n. 4 e nel dpr. 10. 12.1997 n. 484.

In terzo luogo va anche osservato che, escluso il richiamo al d. lgs. 23/93 (perché introdotto solo dopo il 19.6.99), il riferimento (fatto in prime cure) all inciso dell ultimo periodo dell art. 19 dei d. lgs. 23/93 (:"al conferimento degli incarichi (dirigenziali) ed al passaggio ad incarichi diversi, non si applica l art. 2103 cod. civ."), non solo non appare pertinente, perché relativo ad una normativa non applicabile (ratione temporis) al caso di specie, ma risulta anche erroneo, perché interpretato nel senso dell esclusione di qualsiasi rilevanza economica dell esercizio di funzioni (mansioni) superiori, laddove, invece, andrebbe letto come esclusiva preclusione di avanzamento automatico nell inquadramento professionale del dirigente (l inciso, infatti, introdotto con l art.5 del d. lgs. 387/98, prevede l inapplicabilità della sola disciplina giuridica [e non economica] dell art. 2103 cod. civ. in materia di mobilità professionale del dirigente, atteso che l applicazione della detta norma interferirebbe con la necessaria flessibilità nell impiego ottimale dei dirigenti: cfr. relazione governativa al d. lgs. 387/98).

A ciò va ancora aggiunto che, se le norme sulla "dirigenza" di cui al d. lgs. 23/93 e succ. modifiche (artt. 13 ? 29) si applicano alla dirigenza medica solo dopo il 19.6.99 (data di entrata in vigore dell’art. 13 del d. lgs. 229/99), ciò non esclude che prima di questo periodo ai medici con funzioni di direzione fosse applicabile, oltre alla normativa propria sul riassetto dell organizzazione delle U.S.L. (d. lgs.502/92 nel testo iniziale), anche la disciplina delle mansioni di cui all art. 56 d. lgs. 23/93 (e succ. modifiche, facendo riferimento espresso anche alla "assegnazione di incarichi di direzione” (co. 1° ultimo inciso), non consente di limitare la sua applicazione al solo personale con qualifica “non” dirigenziale.

o

In definitiva, quindi, in virtù del quadro normativo e giurisprudenziale succintamente delineato, può concludersi per il riconoscimento del diritto del ricorrente alle differenze retributive rivenienti dall esercizio delle “funzioni e mansioni di responsabile" del servizio di immunoematologia e trasfusione dell ospedale “Di Venere" per il periodo dal 1.7.98 al 1.3.99 (rectius 28.2.99).

Non risultando alcuna contestazione, neppure generica, in ordine alla quantificazione del credito vantato (peraltro ridotto in questo grado del giudizio) ed apparendo corretti i conteggi allegati al ricorso, va riconosciuto al Lancieri un credito retributivo pari ad € 8.470,121 (per il periodo considerato), oltre interessi legali sulle somme via via maturate e rivalutate con scadenza periodica, dalla maturazione al saldo:

Per l effetto l AUSL BA/4 (nelle more subentrata all azienda ospedaliera "Di Venere ? Giovanni XXIII di Bari) deve essere condannata al pagamento, in favore del Lancieri, della predetta somma, a titolo di differenze retributive, oltre interessi e rivalutazione monetaria come innanzi indicati.

A tale pronuncia segue anche la condanna della convenuta al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali di questo grado del giudizio, liquidate come in dispositivo.

Per il resto l impugnata sentenza deve essere confermata.

P.Q.M.

La Corte d Appello di Bari, sezione lavoro, definitivamente pronunziando sull appello proposto, con ricorso depositato in data 30.10.2003, da L. M. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Bari ? sezione lavoro in data 18.11.2002 fra il predetto e l Azienda Ospedaliera U. Venere ? Giovanni XXIII", cui è subentrata la AUSL, BA/4, così provvede:

in parziale riforma dell impugnata sentenza, accoglie per quanto di ragione l appello e, per l effetto, condanna l AUSL, BA/4 al pagamento, in favore di L., della somma di € 8.470,121, a titolo di differenze retributive, oltre interessi e rivalutazione monetaria, sui: crediti maturati dal 1.7.98 al 1.3.99; condanna, altresì, la convenuta al pagamento, in favore del L., delle spese processuali di questo grado del giudizio, che liquida in € 500,00, di cui € 230,00 di onorari ed € 10,00 di esborsi: conferma nel resto l impugnata sentenza.

Così deciso in Bari, nella camera di consiglio il 16.3.2004

Il Consigliere estensore

Dott. Marcello DECILLIS

Il Presidente

dott. Donato BERLOCO



1) La sentenza oggetto di commento è una delle prime pronunce giurisprudenziali emesse dal Giudice del Lavoro in materia di differenze retributive per l’esercizio di mansioni superiori da parte di dipendenti ASL e, più precisamente, di accertamento del diritto del “dirigente medico di I livello” già, “aiuto” ad ottenere le differenze retributive spettanti per lo svolgimento di mansioni relative alla qualifica funzionale apicale, “dirigente medico di II livello” già “primario”.



2) Il giudice di I grado ha introdotto un principio specifico che attiene all’ordinamento di settore, in base al quale, l’incarico di dirigente di II livello può essere conferito solo attraverso determinate modalità e sulla base di determinati presupposti.

Secondo il Tribunale è, pertanto, da escludersi per i dirigenti medici l’applicazione di qualsiasi disciplina che valorizzi, sia pure ai soli fini retributivi, lo svolgimento di mansioni superiori; la corresponsione del trattamento retributivo differenziale deve avvenire in virtù di una disposizione impartita da un dirigente dell’USL avente potere dispositivo in materia di assegnazione del personale ai vari uffici e servizi, ad eccezione degli aiuti che hanno l’obbligo di sostituzione del primario; non può configurarsi un esercizio di mansioni superiori, avverso il conferimento di un incarico temporaneo nelle more dell’attribuzione del posto di II livello.

Su tale profilo la tesi espressa dal giudice di I grado raffigura in termini di diritto quanto esposto nel corso del processo dalla difesa di parte resistente che ha ritenuto, nel caso di specie, riferibile la prestazione dell’esercizio delle mansioni superiori all’istituto della supplenza.

Il giudice, sposando la tesi della supplenza o sostituzione obbligatoria del dirigente di II livello da parte dell’ “aiuto”, non ha tenuto in conto le specifiche disposizioni dell’ordinamento di settore le quali prevedono espressamente due distinte postazioni dirigenziali (I e II livello); egli, pertanto, non ha dato la giusta rilevanza al fatto che il ricorrente ha esercitato provvisoriamente determinate funzioni su espletamento di incarico temporaneo e su vacanza.

Proprio su questi aspetti si sviluppa la tesi del Giudice di II grado.



3) La Corte opera una ricognizione della normativa di settore, in particolare il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 - Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali - nega all’art. 29 - Esercizio delle mansioni inerenti al profilo e alla posizione funzionale - la possibilità che il dipendente possa essere assegnato, neppure di fatto, a mansioni superiori o inferiori, e prevede che solo “In caso di esigenze di servizio il dipendente può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori. L assegnazione temporanea, che non può comunque eccedere i sessanta giorni nell anno solare, non dà diritto a variazioni del trattamento economico”. In quest’ultimo caso si specifica che “Non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale di posizione funzionale più elevata, qualora la sostituzione rientri tra gli ordinari compiti della propria posizione funzionale”.

Nel caso di specie oltre a sussistere il requisito dello svolgimento delle stesse mansioni per un periodo superiore ai prescritti 60 giorni, seguendo l’orientamento del Giudice Amministrativo si è ritenuto rilevante il fatto che “lo svolgimento delle funzioni primariali, per il loro carattere di inderogabilità ai fini di un ordinato e proficuo svolgimento del servizio sanitario, che non può subire interruzioni, assume rilievo ai fini retributivi, indipendentemente da ogni atto organizzativo dell’Amministrazione sanitaria, con la conseguenza che ai fini del riconoscimento dello svolgimento delle prestazioni predette, e delle relative differenze retributive, da parte dell’aiuto, è sufficiente, ai sensi dell’art.7 c.5 D.P.R. 27.03.69 n. 1238, che il sanitario abbia l’obbligo di esercitarle, e dunque non necessitando i requisiti della disponibilità del posto e della formale delibera di conferimento dell’incarico, fermo restando che ai sensi dell’art. 29 comma 2 D.P.R. 20.12.79 n. 761 sono retribuibili le sole prestazioni svolte oltre i primi sessanta giorni (Cfr.: TAR - Veneto - sez.III, 14.07.03, n. 3712; Cons. Stato, V. sez., 5.11.02 n. 6017).



4) Il Giudice di II grado ha tenuto, altresì, conto della intervenuta c.d. “privatizzazione” del pubblico impiego, anch’essa considerata nella sua evoluzione.

La Corte di Appello, infatti, ha riconosciuto che l’art. 56 del d. lgs. 29/93 nella sua originaria formulazione, pur prevedendo la possibilità di adibire il dipendente pubblico a mansioni superiori in presenza di determinate condizioni ed a certi limiti (cd. modifica verticale delle mansioni), escludeva espressamente che lo svolgimento delle stesse mansioni potesse comportare il diritto "a differenze retributive" o "ad avanzamenti automatici nell inquadramento professionale del lavoratore".

La nuova successiva formulazione della norma sostituita dall art. 25 del D. Lgs. n. 80/98 come modificato ex art. 52 del D. Lgs. 165/2001 ed ex art. 15 del D. Lgs 387/98, ha previsto espressamente che “…è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore”. La soppressione delle parole "a differenze retributive " di cui all ultimo periodo dei comma 6 dell art. 56 cit., ora art. 52 co. 6 d. Lgs. 165/2001), ha di fatto capovolto l’originario orientamento riconoscendo che lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza (e, quindi, lo svolgimento di un lavoro di maggior valore professionale) comporta il diritto alla conseguente maggiorazione, retributiva: e ciò, quanto a meno a decorrere dal 23.11.98, data di entrata in vigore dell art. 15 d.. lgs. 387/98.

Come ha osservato la Corte queste previsioni normative hanno avuto il merito di rendere lo svolgimento di mansioni superiori di lavoro pubblico “irrilevante” e/o comunque “inefficace” solo “giuridicamente”, cioè ai fini dell inquadramento professionale del lavoratore e del suo avanzamento automatico ovvero ai fini del l assegnazione di incarichi di direzione, ma non economicamente.

Il Collegio applica la suesposta normativa anche in considerazione dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2126 c.c. Essi infatti portano a sostenere in primo luogo che l adibizione del pubblico dipendente a mansioni superiori costituisce un indebito arricchimento della p.a. e, quindi, determina il diritto alla maggiore retribuzione (cfr. Corte Cost. 57/89, 296/90, 289/96).

La Corte Costituzionale, per di più, ha confermato che proprio perché l art. 29 D.P.R. 761/79 prevede la fattispecie dell adibizione temporanea per sessanta giorni, nel caso in cui questo periodo sia superato, il diritto alla maggiore retribuzione deriva dall applicazione dell art. 2126 cod. civ., in combinato disposto con l art. 36 Cost., senza, però, che possa trovare applicazione l art. 2103 cod. civ. in relazione al superiore inquadramento (cfr. Corte Cost. 296/90; 22.7.1996 n.289).



5) La corte perviene alle conclusione che il diritto alla retribuzione delle suddette mansioni è da riconoscersi sulla base di tre importanti requisiti: a- l’attribuzione delle suddette mansioni primariali sulla base di un determinato incarico formale,

b- l’effettivo esercizio delle stesse;

c- la temporanea vacanza del posto apicale previsto in organico corrispondente all’esecuzioni della funzioni assegnate.



6) L’aspetto rilevante è che la ricostruzione dogmatica del Giudice del lavoro risulta essere in piena armonia consolidato orientamento del Giudice Amministrativo nella sua costante evoluzione.

Mentre in primo tempo, infatti, è stata considerata condizione essenziale al riconoscimento del diritto alla maggiorazione economica richiesta quella “della riferibilità delle mansioni superiori ad un posto di organico vacante ed un provvedimento formale dell’organo competente” (Cons. Stato, sez V, 08.07.03 n. 7115; sez. V, 08.01.02 n. 96; sez. VI, 29.03.01 n. 1870), “indipendentemente da ogni atto organizzativo dell’amministrazione” (Cons. Stato, sez. V, 13.12.02 n. 2597; 05.11.02 n. 6017; 20.10.00 n. 5650). In un secondo momento, invece, si è giunti ad affermare che, “poiché la funzione di direzione apicale di una struttura sanitaria non tollera vuoti organizzativi, solo per questa specifica funzione e nel solo limitato ambito dell’organizzazione sanitaria la retribuibilità delle mansioni apicali effettivamente svolte, non è condizionata dalla presenza dei due concomitanti requisiti della disponibilità del posto e della delibera di conferimento dell’incarico da parte dell’organo tecnicamente competente sul piano funzionale” (Cfr.: TAR – Lazio – 672, 29.07.03; Cons. Stato, sez V, 09.11.01 n. 5743; Cons. Stato, sez. V, 16. 07.02 n. 3962). Recentemente, infine, si è sostenuto addirittura che “ai fini del riconoscimento della spettanza del trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori concretamente svolte, non rileva la disposizione di cui all’art. 29 c. 1, D.P.R. del 20.12.79 n. 761, dal momento che il divieto – ivi previsto – di essere assegnato a mansioni superiori rende illegittimo il comportamento del dipendente ospedaliero, ma il comportamento dell’Amministrazione che, dopo essersi giovata della facoltà concessale dalla norma in esame, mantiene l’assegnazione o tollera l’esercizio delle mansioni oltre il termine ivi previsto” (Cfr.: TAR Puglia – Bari- se. II 148, 12.01.04).



7) In ordine alle influenze determinate dalla progressiva "privatizzazione" del pubblico impiego, occorre, innanzitutto, evidenziare che l art. 29 dpr. 761/79 ha, da sempre, costituito un’eccezione alla regola generale dell irrilevanza "economica" dell esercizio di mansioni superiori.

Tutte le suesposte riflessioni lasciano, comunque, dedurre che laddove il dipendente pubblico espleti mansioni superiori sulla base dei presupposti indicati dalla normativa di settore possa vantare una posizione di diritto soggettivo. È proprio per queste ragioni che, in questa materia, si può ritenere che la c.d. “privatizzazione” non abbia condotto a grandi stravolgimenti.

L’evoluzione normativa, infatti, più che incentrarsi sull’applicabilità al rapporto di lavoro di pubblico impiego della disciplina codicistica, ha ritenuto sussistenti anche nel rapporto di pubblico impiego quelle posizioni paritarie e sinallagmatiche proprie del rapporto di lavoro privato.





La sentenza non ha colto, però, la specificità del conferimento dell’incarico primariali rispetto al quale la G.A. aveva la giurisprudenza amministrativa.l



7) Ulteriore importante considerazione è che questo tipo di retribuzione per l’espletamento di mansioni superiori riconosciuto sulla base del principio della retribuzione proporzionata e sufficiente dell’art. 36 Cost. sia “applicabile anche al pubblico impiego senza doversi necessariamente tradursi in un rigido automatismo di spettanza al pubblico dipendente del trattamento economico esattamente corrispondente alle mansioni superiori espletate (come precisato dalla sent. Corte Cost. n.115/03), ma ben potendo risultare diversamente osservato il precetto costituzionale mediante la corresponsione di un compenso aggiuntivo rispetto alla qualifica di appartenenza (sent. Corte Cost. n. 273/97); peraltro, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore, secondo un principio che, pur se datato e destinato ad essere superato dalla normativa contrattuale autorizzata a prevedere fattispecie di avanzamenti automatici (art. 52 c.6 T.U. 30.03.01 n. 165) trova nondimeno giustificazione nelle perduranti peculiarità (riconosciute, seppur con riferimento alla diversa questione della parimenti perdurante disciplina differenziata in materia di crediti di lavoro, dalla sent. Corte Cost. n. 82/03) del rapporto di lavoro di pubblico impiego privatizzato” (cfr: Corte Cassazione – sez. lav. – 16078, 25.10.03).



8) In relazione all’ambito di applicazione della disciplina suddetta ed alla tesi sostenuta dal Tribunale in sede di rigetto del ricorso ex art 414 c.p.c., secondo la quale la suddetta disciplina non è applicabile al personale che ha qualifica dirigenziale, si sostiene che dal tenore della norma non si evince alcuna esclusione in merito ai dirigenti.

Il Consiglio di Stato, infatti, esprimendosi sulla questione ha asserito che ”il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti va riconosciuto con carattere di generalità solo decorrere dall’entrata in vigore del D. Lgs. 29.10.98 n. 387 che con l’art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell’art. 56 D. Lgs. 03.02.93 n. 29…” (Cons. Stato, Sez. IV, 15.05.03, 2623).





La Corte di Appello di Bari -Sezione lavoro-, con sentenza n. 403 del 25 marzo 2004, pronunciando sul ricorso in appello n. 2103/2003, ha accolto l’impugnativa della suddetta sentenza riconoscendo al ricorrente il diritto alle differenze retributive maturate per lo svolgimento delle suddette funzioni primariali .

il Tribunale di Bari -Sez. Lavoro- in data 18.11.02, ha rigettato nel merito l’istanza per la parte che si riferiva al periodo di lavoro dal 01.07.98 al 01.03.99.


 
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