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11/11/2016
I DOCENTI E GLI ATA PRECARI O GIA´ DI RUOLO POSSONO OTTENERE PER INTERO IL RICONOSCIMENTO DEL PERIODO PRERUOLO
La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
A partire da oggi qualunque precario per i dieci anni precedenti può chiedere con un ricorso al Giudice del Lavoro il riconoscimento giuridico della m...


10/04/2016
CHI ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPOSITATO PAGA I DANNI
E’ di questi ultimi giorni la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito una responsabilità aggravata in capo a chi ipoteca il bene (es. casa di abitazione) del debitore ma il credito per il quale sta agendo è di importo di gran lunga inferiore rispetto al bene ipotecato....


19/05/2015
Eccessiva durata dei processi: indennizzi più veloci ai cittadini lesi
La Banca d´Italia ed il Ministero della Giustizia hanno firmato un accordo di collaborazione per accelerare i tempi di pagamento, da parte dello Stato, degli indennizzi ai cittadini lesi dall´eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, c.d. “legge Pinto”).
...


26/11/2014
Sentenza Corte giustizia europea precariato: vittoria! Giornata storica.
La Corte Europea ha letto la sentenza sull´abuso dei contratti a termine. L´Italia ha sbagliato nel ricorrere alla reiterazione dei contratti a tempo determinato senza una previsione certa per l´assunzione in ruolo.
Si apre così la strada alle assunzioni di miglialia di precari con 36 mesi di preca...


02/04/2014
Previdenza - prescrizione ratei arretrati - 10 anni anche per i giudizi in corso
La Consulta boccia la norma d´interpretazione autentica di cui all’art. 38, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede c...


27/11/2013
Gestione Separata Inps: obbligo d´iscrizione per i professionisti dipendenti?
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti....


25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti.
...


05/05/2013
L´interesse ad agire nelle cause previdenziali. Analsi di alcune pronunce
Nell´area del diritto previdenziale vige il principio consolidato a livello giurisprudenziale, secondo il quale l’istante può avanzare all’Autorità Giudiziaria domanda generica di ricalcolo di un trattamento pensionistico che si ritiene essere stato calcolato dall’Istituto in modo errato, senza dete...









   giovedì 28 giugno 2007

FLUSSI MIGRATORI – PROSPETTIVE DI MODIFICA NELL’AMBITO DELLA RIFORMA DEL TESTO UNICO DELL’IMMIGRAZIONE

Contributo trasmesso dall Avv. Mario Pavone (Avvocato del Foro di Brindisi - Patrocinante in Cassazione - Presidente ANIMI - Responsabile della sezione "Lavoro & Immigrazione" della Rivista telematica giuslavoristica LavoroPrevidenza.com)












“Human Resources and Development Planning on both sides of Ionian Sea” - HuReDePIS


Programma comunitario INTERREG III B ARCHIMED







INTERNATIONAL WORKSHOP


“ PROCESSI MIGRATORI, MERCATO DEL LAVORO E SVILUPPO REGIONALE”







SANARICA 13-14 APRILE 2007


- SALA CONSILIARE -

























Flussi Migratori – Prospettive di modifica nell’ambito della riforma del Testo Unico dell’Immigrazione


di Mario Pavone**



***


INDICE


1.Premessa


2.Governare il fenomeno immigratorio:una nuova sfida per la UE


3.Un nuovo modello di partenariato euromediterraneo


4.La tutela dei diritti dell’uomo


5.Una rinnovata politica Euromediterranea


6.Necessità di adeguare la legislazione nazionale


7.Conclusioni


***


1.Premessa


Il fenomeno dell immigrazione è un dato strutturale e permanente delle nostre società e che nessun proibizionismo, nessuna politica restrittiva e repressiva possono cancellare.


L orientamento assunto dai governi dei paesi più ricchi va invece proprio nella direzione di politiche di chiusura più o meno rigide.


In realtà non vi è contraddizione tra l adozione di tali politiche e la persistenza di una domanda di lavoro non soddisfatta dall offerta interna.


In Italia e in Europa negli ultimi anni la condizione dei migranti e il senso comune degli italiani e degli europei su questo tema sono peggiorati e con essi è peggiorata la qualità delle nostre democrazie.


Le politiche di chiusura delle frontiere, la restrizione dei canali di ingresso regolare, la precarizzazione della condizione giuridica degli stranieri attraverso l irrigidimento delle norme sul soggiorno, il mancato riconoscimento dei diritti di cittadinanza, sono funzionali all utilizzo dei migranti come manodopera a basso costo, altamente ricattabile e dunque più "flessibile" e facilmente "espellibile".


L azione dei governi Europei, sia pure con differenze fra destra e sinistra,è tendenzialmente influenzata dalla retorica e da una concezione proibizionista del fenomeno migratorio.


A livello europeo l impegno a "europizzare" le politiche in materia di immigrazione e asilo nello arco di cinque anni risale all entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (maggio 1999) ma l unico versante su cui i governi dell Unione Europea sembrano agire in sintonia, sia a livello politico che tecnico,e ancora prima di una effettiva armonizzazione delle politiche a livello formale, è quello delle politiche di ammissione e di "lotta all immigrazione illegale".


È necessario,dunque,costruire una nuova cultura politica sul terreno dei diritti dei migranti a partire da alcuni punti centrali che definiscano una strategia di governo alternativa del fenomeno migratorio.


In questa direzione,la decisione della Conferenza di Barcellona del 1995 di istituire una zona di libero scambio tra l’Europa ed i Paesi del Mediterraneo per la creazione di un area di "prosperità condivisa" ha creato forti attese e ci si chiede,in particolare, se tale decisione possa costituire la soluzione dei “flussi migratori” che,in maniera sempre più massiccia, giungono da tale Area,come pure dall’interno dell’Africa,sotto la spinta del soddisfacimento di bisogni primari quale la fame e la povertà.


In conseguenza si parla oggi del Mediteraneo come di un pericolo per la sicurezza dei Paesi europei sia come "nuova frontiera",in entrambi i casi con riferimento a fenomeni considerati a noi esterni.


Tuttavia,l’ampliamento all’area mediterranea è rivolto a Paesi che si trovano in uno stadio me no avanzato di sviluppo economico e di benessere e per questo sarà necessario rivedere le rego le che permetteranno di raggiungere una maggiore coesione economica e sociale nell’ambito dell’Unione Europea allargata.


2.Governare il fenomeno immigratorio:una nuova sfida per la UE


Si pone,tuttavia,per la UE,con l’allargamento ai Paesi del bacino del Mediterraneo, un’altra sfida da perseguire:


Il governo dei flussi migratori che provenendo dall’area si affacciano prepotentemente sul mercato del lavoro europeo determinando nuove scelte di politica interna e comune che merita no attento esame.


Su questo fronte, la UE punta a "rafforzare l associazione tra l Ue ed i paesi africani e mediterranei, tramite un maggior dialogo e cooperazione". Di fatto, al centro delle strategie Ue sono"i nessi esistenti tra immigrazione e sviluppo", politi che orientate a disincentivare le partenze, evitando di limitarsi solo al contrasto delle carrette del mare , per dare spazio anche alla profonda necessità di sviluppo di questi Paesi.


L Europa punta in particolare a "migliorare la cooperazione con i paesi terzi, in particolare favorendo la riammissione da parte degli stessi paesi di origine".


Va ricordato,in proposito,che il IV Forum Parlamentare dell’Euromediterraneo, tenutosi a Bari il 17-18 Giugno 2002,ha affrontato l’argomento varando un importante documento nel quale, si afferma che “la politica dell UE e dei paesi partner del Mediterraneo in materia di immigrazione deve garan tire il rispetto dei diritti e delle libertà dei richiedenti asilo e degli immigrati per ragioni economiche, diritti garantiti da diverse convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione internazionale sulla tutela dei diritti dei lavoratori migranti e dei loro familiari (Nazioni Unite, 1990) e che la Carta dei diritti fondamentali dell UE prevede che determinati diritti spettino “ad ogni individuo”, indipendentemente dalla sua cittadinanza”;


Il documento sottolinea,quindi,come ”la crescente pressione migratoria dei paesi meno avan zati deriva, tra l’altro, dall’accentuarsi del divario economico, tecnologico e sociale tra Nord e Sud a fronte della quale la mancanza di una risposta adeguata e coordinata, a fronte della rea ltà dei flussi migratori in Europa, non fa che incoraggiare l’immigrazione clandestina, che rap presenta una preoccupazione comune per i cittadini delle due sponde del Mediterraneo e che l’UE ha una capacità di accoglienza limitata ”


Ciò posto, ll Forum chiede


-all UE e ai suoi Stati membri di impegnarsi ad introdurre politiche d’integrazione volte ad assicurare, da un lato, il rispetto dei diritti e delle libertà degli immigrati legalmente residenti e, dall’altro, il rispetto da parte di questi ultimi degli obblighi legati alla cittadinanza e dell’insieme dei valori della società che li accoglie;


-ai Paesi di accoglienza di migliorare le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati, di assicurare loro pari trattamento, libera circolazione e mobilità in materia di occupazione, facilitare il ricongiungimento famigliare e la preservazione dell identità culturale.


Essi sono,inoltre, chiamati ad agevolare la concessione di visti al fine di incoraggiare la migrazione legale e la circolazione delle persone tra le due sponde del Mediterraneo;


A tal fine il Forum ritiene che la lotta alla povertà, che è all’origine dell’immigrazione, sia una responsabilità condivisa tra i paesi ricchi della sponda Nord del Mediterraneo (UE) e i paesi poveri delle due sponde Sud ed Est del bacino del Mediterraneo; sottolinea a tale riguardo il fatto che le strategie di riduzione della povertà, di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, di creazione di occupazione e promozione della formazione professionale nei paesi d’origine contribuiscono sul lungo periodo a normalizzare i flussi migratori;


Il Forum auspica che negli attuali e/o futuri accordi con i Paesi Partner del Mediterraneo sia inserito un punto riguardante la gestione comune dei flussi migratori, comprendente la corresponsabilità nella lotta all’immigrazione clandestina e ad altri fenomeni connessi, quali la criminalità organizzata, il traffico di droga e di esseri umani e la corruzione delle ammini strazioni pubbliche, nonché gli strumenti volti a controllare e garantire l’applicazione effettiva di tali accordi.


Il Forum non manca di ricordare,nell’importante documento,che la questione dell’immigrazione clandestina è oggetto di convenzioni internazionali, che, in virtù dell’Accordo di Cotonou, l’UE si è impegnata a garantire il rispetto dei diritti e della dignità degli individui, conformemente alle disposizioni del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario, in ogni procedura di rimpatrio degli immigranti clandestini nei loro paesi d’origine e che è necessario che gli Stati d’origine dell’immigrazione sottoscrivano quanto prima con l’UE accordi di riammissione dei loro cittadini.


In conseguenza,il Forum ribadisce


-l’utilità di creare un Osservatorio delle migrazioni, con il compito di seguire permanentemente tutte le problematiche dei flussi migratori, che sia dotato di meccanismi di allarme;


-la necessità di aumentare gli stanziamenti di bilancio destinati alle azioni dell UE e dei Paesi Partner del Mediterraneo per lottare contro l’immigrazione clandestina e rafforzare la demo crazia e lo Stato di diritto;


-la necessità di avviare un iniziativa UE-Paesi Partner del Mediterraneo mirante a impedire, per quanto possibile, la “fuga di cervelli” da questi ultimi e a incoraggiare gli investimenti, i progetti comuni e i l trasferimento di nuove tecnologie verso i Paesi Partner del Mediterraneo, al fine di favorire la diffusione di una cultura imprenditoriale nei paesi d’origine e l’attuarsi delle condizioni necessarie per rendere praticabile il ritorno degli emigrati professionalmente qualificati;


- l’importanza degli scambi di informazioni e su buone pratiche a livello locale a favore dell’integrazione degli emigrati regolari, come pure sulla promozione di misure volte a sensibilizzare i cittadini riguardo ai vantaggi dell’immigrazione legale e temporanea e del dialo go interculturale; auspica che i problemi dell’immigrazione clandestina, che si fanno sempre più acuti, vengano gestiti congiuntamente dall’UE, dai suoi Stati membri, dai paesi d’origine e di transito, al fine di smantellare le reti criminali, la cui attività è all’origine di diversi drammi umani e porta profitto a soggetti economici privi di scrupoli; denuncia le attività di diversi gruppi che traggono vantaggio, con opportunismo, della situazione degli immigrati clandestini


Inoltre,invita gli Stati partner del Mediterraneo a valorizzare l’esperienza del programma INTERREG e promuovere la cooperazione transfrontaliera tra le due sponde del Mediterraneo.


A tal fine raccomanda ai paesi d’origine o di transito di moltiplicare gli sforzi e di introdurre mezzi più efficaci per lottare contro i flussi migratori irregolari; a tale proposito, ritiene indispensabile che, in uno spirito di partenariato e corresponsabilità, tali paesi rafforzino la loro capacità di lotta alla tratta degli esseri umani, migliorando la gestione del controllo delle frontiere e assumendosi i loro obblighi in materia di riammissione dei loro cittadini immigrati clandestini. Al riguardo, sottolinea l’importanza di rafforzare i mezzi finanziari accordati dalla UE per affrontare il problema;


Ritiene,inoltre,indispensabile, in questo contesto, stabilire un forte legame tra la politica immigratoria e quella di cooperazione e aiuto allo sviluppo, per ridurre le divergenze tra i paesi d’origine, di transito e di destinazione e promuovere lo sviluppo economico, sociale e culturale dei paesi meno avanzati (specialmente le “regioni a forte potenzialità migratoria”);


Propone,infine,di aumentare gli stanziamenti di bilancio destinati alle azioni dell UE e dei Paesi Partner del Mediterraneo per lottare contro l’immigrazione clandestina e rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto;


La decisione di Barcellona di ampliare l’Unione ali Paesi dell’area mediterranea rappresenta un allargamento senza precedenti.


Ciò comporterà un aumento della popolazione dell’UE di oltre un quarto, di un aumento della superficie di oltre un terzo, ma di un aumento del PIL di non più dell’11%.


Il futuro ampliamento costituirà una “vera unificazione” dell’ Europa,di un’ Europa democratica.


Le basi per l’allargamento sono già state realizzate non solo grazie ad un avvicinamento culturale, ma anche attraverso l’impegno e gli sforzi che i Paesi candidati stanno compiendo per rendere effettivo il loro ingresso nell’Unione.


Il bisogno di non defraudare le aspettative di questi Paesi costituisce un interesse primario della stessa Unione europea, se si vogliono consolidare la pace e la stabilità democratica.


Una battuta d’arresto dell’allargamento implicherebbe il pericolo di rinvigorire i nazionalismi nei Paesi candidati con il rischio di nuovi scontri etnici e culturali.


3. Un nuovo modello di partenariato euromediterraneo


Occorre,tuttavia,sottolineare come anche i Paesi del Mediterraneo siano oggi colpiti dagli effetti della marginalizzazione economica e della destabilizzazione politica causate dalla globalizza- zione e si trovino a fronteggiare le quattro sfide fondamentali dello sviluppo odierno:


le sfide tecnologica, ecologica, demografica e istituzionale.


Tuttavia,nessuna di queste sfide può essere affrontata senza la riscoperta e la valorizzazione della dimensione regionale mediterranea e senza trasformare profondamente le logiche delle politiche mediterranee dell UE passando dall eurocentrismo e dalla colonizzazione culturale al policentrismo e al co-sviluppo.


L’approvazione della Dichiarazione di Barcellona è stata accolta all’inizio come una svolta storica nelle relazioni tra l’UE e i suoi partner della riva meridionale e orientale del Mediterra neo:


un nuovo modello di partenariato che si sostituiva ai tradizionali rapporti di cooperazione finan ziaria e agli accordi commerciali tra i vari Paesi .


A questa svolta l’Italia, ovviamente, ha guardato, da subito,con particolare interesse.


Da tempo l’Italia aveva,infatti,cercato di attirare l’attenzione dei suoi partner europei sui numerosi fattori di incertezza e instabilità del bacino mediterraneo – pressione demografica, divario economico, acquisizione crescente di armamenti convenzionali e non, sviluppo del terrorismo internazionale, rinascita del fondamentalismo islamico – e si era sottolineata da più parti la necessità di assumere in sede europea nuove responsabilità ed impegni in diversi settori.


La fine dei due blocchi est-ovest e della guerra fredda aveva introdotto sullo scenario mondiale nuove dinamiche ed aveva aperto,nel contempo, nuovi focolai di tensione.


Irrompevano,infatti,sul proscenio delle relazioni internazionali,i rapporti tra il nord ed il sud del mondo, compresa quella vasta e sensibile area costituita dal Mediterraneo allargato al Mar Rosso sebbene l’Europa,soprattutto quella degli affari,si sentiva più attratta dall’area centro-orientale del continente, che si apriva al libero mercato ed alla democrazia.


Fu così che le priorità europee andarono in quella direzione fino al momento in cui i Paesi mediterranei dell’UE si impegnarono nel tentativo di riequilibrare la situazione e finché questa spinta trovò espressione nella Conferenza di Barcellona.


Occorre,a questo punto,chiedersi che cosa è cambiato negli equilibri internazionali con l’atto finale di Barcellona.


Innanzitutto, dopo diverse ed inadeguate esperienze (il dialogo euro-arabo, l’approccio globale mediterraneo, la CSCM),è stato affrontato il problema euro-mediterraneo come una respon sabilità ed un impegno dell’intera UE.


Un altro elemento innovativo è divenuto quello dell’approccio globale sul piano tematico.


E’ stata,infatti,lasciata alle spalle una visione frammentaria dei rapporti nord-sud prevalen temente affidati alla dimensione bilaterale e si puntava all’approfondimento di tutti i temi di interesse comune – politici, militari economici e socioculturali – accompagnati dall’adozione di strumenti atti ad affrontare questi temi.


Sono stati,inoltre,fissati due obiettivi prioritari di grande rilevanza:



  • la creazione entro il 2010 di una zona di libero scambio

  • l’instaurazione di un’area di stabilità e di pace nella regione.

Costituiscono premessa della Dichiarazione e condizioni basilari per il raggiungimento degli obiettivi del dialogo intermediterraneo:


a. il rafforzamento della democrazia, rispetto dei diritti umani, sviluppo economico e sociale sostenibile ed equilibrato,


b. la lotta alla povertà,


c.l’ avvicinamento delle culture.


Seguono nell’ordine – come indicato nell’atto finale della Conferenza di Helsinki – i temi della cooperazione politica e della sicurezza, quelli della cooperazione in campo sociale, delle relazioni umane, della diffusione dell’istruzione e della cultura, della promozione di compren sione reciproca tra le differenti culture, ecc.


Ma la vera grande sfida è quella socioculturale che attiene essenzialmente al dialogo tra le diverse culture e religioni,alla reciproca conoscenza e comprensione, alla promozione dei diritti umani, al cammino verso istituzioni più democratiche.


In proposito non sono mancate,in passato,iniziative e programmi,alquanto disparati:


valorizzazione del patrimonio storico-artistico, sviluppi nel campo audiovisivo, programmi in senso sociale sebbene il problema essenziale, quello di avvicinare le percezioni, di migliorare la conoscenza dell’altro, di imparare ad accettarsi reciprocamente, resta ancora da affrontare.


Accrescere la reciproca conoscenza significa anche gettare le basi per una maggiore fiducia, a sua volta indispensabile per favorire collaborazione ed investimenti poichè sussiste ancora un problema di fiducia che va costruita attraverso una migliore comprensione che coinvolga l’opinione pubblica e riavvicini le società.


Senza più stretti legami all’interno della società mediterranea qualunque azione sia fatta a livello di governi rischia di ottenere effetti parziali o effimeri.


I flussi di investimento continuano ad essere bassi perché non si capisce bene in che maniera un partenariato possa effettivamente incidere sulla realtà regionale: non c’è ancora un’inda gine, un’analisi che ci dica quale sia l’impatto del partenariato sulle economie dei partner.


L’Unione Europea deve rispondere facendo del programma MEDA, opportunamente snellito, il catalizzatore, lo strumento per incentivare la comunità di affari, quella scientifica, la classe imprenditoriale, tutte le istanze attive della società, perché diano il loro apporto al processo di partenariato.


Da ultimo,va ricordata la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo alla Conferenza di Valencia del 2002,che,


-al punto 3) “si compiace del rilancio del progetto di Carta di pace e di stabilità che era stato abbandonato dopo la Conferenza euromediterranea di Stoccarda, con riserva di una migliore definizione del suo contenuto e si pronuncia contro qualsiasi intervento militare nella regione; -al punto 4) “prende atto del testo sulla lotta contro il terrorismo, che si riferisce essenzial mente alle convenzioni e ai testi internazionali; ribadisce che la lotta contro il terrorismo deve essere condotta nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali “


-al punto 10) “deplora le gravi violazioni dei diritti dell’uomo in vari paesi partner del processo di Barcellona, in particolare dopo la firma di un accordo d’associazione; chiede l’instaurazione di meccanismi specifici che consentano un’applicazione concreta e più efficace della clausola degli accordi euromediter ranei di associazione concernente i diritti dell’uomo”.


4.La tutela dei diritti dell’uomo


La Risoluzione di Valencia ha,dunque,rilanciato il dialogo tra l’Europa ed i Paesi del Mediter raneo ed ha riproposto il problema del rispetto dei diritti umani.


È tuttavia necessario costruire una nuova cultura politica sul terreno dei diritti dei migranti a partire da alcuni punti centrali che definiscano una strategia di governo alternativa del fenome no migratorio.


Va anzitutto prestata la massima attenzione alla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per i migranti.


Su questo piano i Ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno avviato da tempo un dialogo costante con i Ministri dei 12 Paesi Mediterranei nell’ambito volto ad assicurare che il processo di partnership euro-mediterranea si muova decisamente nella direzione dello sviluppo e della protezione dei diritti umani in quella regione,attraverso l’elaborazione di chiari principi nella redazione definitiva della Carta per la Pace e la Stabilità e attraverso un concreto programma di lavoro sui diritti umani in tutta la regione.


D’altro canto va sottolineato come oggi l’ Europa è certamente più coesa proprio grazie ai passi in avanti che sono stati compiuti nell’ambito dei principi, dei valori e dei diritti grazie alla Carta di Nizza che costituisce la summa dei diritti fondamentali europei e rappresenta il “mini mo livello di protezione” dei diritti nell’Unione europea.


L’estensione di tali principi agli Stati candidati all’ingresso in Europa ,sia dei Paesi dell’Est che nell’area mediterranea,appare essenziale alla crescita politica della UE come Organismo sopra nazionale rispetto agli Stati sovrani ed ad una effettiva collaborazione tra di essi sul pano politico,culturale ed economico.


Inoltre la coesione tra Stati ed il rafforzamento del mercato interno costituiscono la strada obbligata da percorrere per la UE per vincere la sfida globale determinata dalle nuove regole dettate dalla globalizzazione


In tale direzione, va ricordato l’importante ruolo svolto dalla Lega Italiana della Federazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo che è da sempre fortemente impegnata in un continuo moni toraggio della situazione esistente nei diversi paesi del Mediterraneo, assicurato dall’atti vità svolta dalle organizzazioni locali affiliate.


Infine, poiché l’indipendenza della giustizia resta in questi stati una nozione largamente relativa, in base a questa disposizione un difensore dei diritti dell’uomo perseguitato nel proprio paese, non può trovare rifugio in un altro paese arabo.


Vanno segnalate, infine, le leggi sulla libertà di associazione, violate in quasi tutti i paesi arabi, con il chiaro proposito di ostacolare l’azione di tutte le associazioni non governative che si impegnano nella difesa dei diritti dell’uomo.


La persecuzione dei difensori dei diritti dell’uomo in questi paesi è la parte visibile di una politica generale di lotta e di repressione.


Una politica paradossale, almeno a prima vista, perché se tutti questi paesi si impegnano per il liberalismo economico, poi, di fatto, rifiutano il liberalismo politico.


Naturalmente l’accento viene sempre posto, con maggiore incisività, sulla specificità culturale e religiosa, per rifiutare l’universalità dei diritti dell’uomo e quindi il legame inscindibile fra i diritti civili e politici e lo sviluppo economico e sociale.


Pur tuttavia, questi rilievi sulla situazione interna di paesi nord-africani relativi al rispetto dei diritti dell’uomo, non incidono sulla linea di politica mediterranea dell’Europa.


Il processo di democratizzazione di questi paesi è anzi strettamente legato alla piena attuazione delle direttive approvate dalla conferenza di Barcellona, sia per quanto riguarda la cooperazione economica sia per quanto riguarda la sicurezza, che deve coinvolgere i Paesi membri in un programma unico.


Peraltro, i diritti umani, nel loro complesso, hanno subito un’evoluzione sempre più accentuata nel tempo, sia per l’approfondimento della portata dei singoli diritti, sia per una certa tendenza a veder aggiungere sempre nuovi diritti a quelli di più antica origine.


È per questo motivo che oggi si parla di una quarta generazione dei diritti umani.


Fra questi vanno annoverati : il diritto al suffragio universale su base di eguaglianza;i sistemi di votazioni libere, di elezioni periodiche e libere; il diritto di tutti i cittadini all’elettorato passivo e, quel che più interessa notare in questa sede, il diritto dei cittadini di scegliere liberamente attraverso mezzi costituzionali e democratici il loro sistema di governo.


In tale direzione il diritto allo sviluppo, come comunemente inteso ed il diritto alla democrazia come presupposto per l’attuazione ed il godimento dei diritti umani fondamentali interna zionalmente protetti,appare un binomio inscindibile.


Non a caso e sul piano sistematico,il diritto alla democrazia si colloca accanto agli altri nuovi diritti umani, che rappresentano più che altro legittime aspirazioni di vedere progressivamente migliorate le condizioni di vita dell’intera umanità.


Altri diritti umani imprescindibili sono il diritto alla pace ed il diritto all’alimentazione.


Una particolare attenzione,in tale contesto,merita un ambiente geografico assai peculiare come quello del Mediterraneo.


Infatti, in nessuna altra zona geografica del Mondo esistono così stretti legami fra Paesi, in un’area geografica limitata, che pure avendo antichi legami ed interessi comuni, rappresentano una gamma estesa di varie concezioni politiche, economiche e sociali.


Quindi il Mediterraneo può essere il terreno ideale per verificare quanto siano validi i nuovi sviluppi, e se davvero, come si spera, sia possibile constatare sul terreno che il collegamento fra democrazia e diritti umani costituisce almeno un minimo comune denominatore condiviso da tutti.


I problemi derivanti dai rapporti nell’area del Mediterraneo sono stati discussi in numerosi convegni diretti :


a- all’attuazione delle normativa Euromed - cooperazione;


b- ai rapporti culturali;


c- alla ricerca di una “lingua mediterranea”,fondamento comune del diritto mediterraneo.


Su questi problemi è apparso necessario istituire un apposito Centro Studi che costituisca punto di riferimento di questo processo di ricerca unitaria al quale parteciperebbero gli espo nenti di diversi Paesi Mediterranei, i rappresentanti delle varie Organizzazioni non governative e delle Università.


5.Una rinnovata politica Euromediterranea


Una volta risolto il problema della salvaguardia dei diritti dell’uomo nei Paesi dell’area mediterranea,occorre riconsiderare le politiche dell’UE dirette ad incentivare lo sviluppo econo mico in tali Paesi come soluzione al problema dei “flussi migratori”.


In seno alla Conferenza di Valencia gli Stati membri dell’UE ed i Paesi dell’Area mediterranea si sono incontrati per discutere temi essenziali come la sicurezza e per rafforzare l’impegno comune e dare un nuovo impulso ai programmi di partenariato sia economici che culturali.


a-le politiche turistiche


A questo proposito non va trascurata la valenza storico-artistica e turistica dell’Area benché sia stato sostenuto che il patrimonio artistico,culturale e religioso, del Mediterraneo,rischia di tras mettere – nella sua ricchezza, e nella molteplicità delle sue forme – la sensazione che parlare di Mediterraneo sia volgersi al passato, percorrere i sentieri di antiche glorie, immergersi in un mondo scomparso, e che ormai non ha più nulla da dire.


Un pensiero di questo tipo, se sorgesse, sarebbe estremamente lontano dalla realtà.


Basti pensare, ad esempio, che il bacino mediterraneo rappresenta il 30% del traffico turistico mondiale, con una crescita media annua,stimata dall’Organizzazione mondiale del turismo, del 2.2%.


La storia del Mediterraneo, la varietà delle manifestazioni artistiche che vi sono fiorite, le loro tracce,sono non solo un patrimonio dell’ umanità, ma anche una grande ricchezza, turistica e non solo.


La “Dichiarazione di Segesta”, adottata dal Consiglio d’ Europa nel 1995, ha fissato le linee guida per la salvaguardia e l’utilizzo di antichi luoghi di spettacolo del Mediterraneo, e sono sempre più diffuse la consapevolezza e la volontà di migliorare l’offerta turistica e di tutelare i beni archeologici di quest’area.


Occorre,quindi,varare programmi di incentivazione turistiche che rafforziano, da una parte la conoscenza tra i popoli e dall’altra l’occupazione nel settore attraverso la formazione secondo gli standard e le tecnologie europee di personale specializzato che possa, peraltro, essere utilmente impiegato anche nella UE.


b-la salvaguardia ambientale


Inoltre negli ultimi anni si va diffondendo uno spirito di maggiore cooperazione tra i Paesi rivieraschi su tematiche comuni come la tutela della flora e della fauna del Mediterraneo.


In tale contesto l’Italia,lembo europeo totalmente disteso nel Mediterraneo, anche per questa sua peculiarità geografica, è stata nei secoli uno snodo storico tra le culture del bacino,e destinata a svolgere un ruolo importante nel dialogo internazionale, fungendo da ponte tra differenti realtà politiche e culturali.


A tal proposito va posto l’accento sul ruolo fondamentale che svolge la Puglia in Europa, essendo la stessa un confine naturale dell’Unione europea con l’Area del mediterraneo.


Occorre,tuttavia,formare una classe di nuovi tecnici specializzati nella tutela del patrimonio am bientale e che attingano alle esperienze acquisite dai Paesi europei per unificare gli standard di intervento nella tutela dei beni sia culturali che ambientali e paesistici.


c-la collaborazione economica


Al di là della collaborazione crescente sul piano delle relazioni culturali,occorre rilanciare la collaborazione sul pano economico tra l’ Europa ed i Paesi del Mediterraneo.


La riaffermazione del partenariato EuroMediterraneo deve avvenire nella massima chiarezza degli obiettivi.


Una delle premesse essenziali per la crescita economica della zona Euro-Mediterranea è lo stabilirsi di un clima di pace e sicurezza tra tutti i Paesi che ne fanno parte


La realizzabilità di un tale accordo è legata al progredire di una visione e di un ruolo autonomi dell’Unione Europea sui problemi geopolitici di quest’area e di un rapporto d’interdipendenza economica tra i Partner mediterranei, che sappia collegare in modo corretto le esistenti asimmetrie nel numero di abitanti e nelle differenze di reddito con la dislocazione dei capitali e degli investimenti nonché regolare i flussi migratori e commerciali.


L’Europa guarda con interesse sempre maggiore al bacino del Mediterraneo, anche perché l’Eurostat (Istituto Statistico dell Unione Europea) prevede che la popolazione dei paesi di quest’area oscillerà, fra alcuni anni, tra i 300 ed i 400 milioni di abitanti, con un reddito pro-capite che potrebbe essere 1/6 di quello medio dell’Occidente europeo.


Ciò significa che i flussi migratori, in Europa nei prossimi anni, saranno sempre più intensi, determinando una profonda trasformazione delle dimensioni socioculturali del fenomeno migratorio.


Basterebbe tale considerazione per imporre un alla UE una modifica nella politica economica verso il Mediterraneo.


L’esperienza dell’Unione Europea ha dimostrato che i movimenti tra mercati situati in Paesi e regioni diverse, non possono essere gestiti automaticamente dai meccanismi del mercato.


Per queste ragioni, pur senza sostituirsi alle funzioni dei mercati, l’Unione Europea deve garantire con misure appropriate che l’eccesso di surplus commerciale che si sta determinando a proprio vantaggio e che continuerà a crescere per diversi anni, sia bilanciato da movimenti di capitale, pubblico e privato, di direzione opposta, che facilitino i processi di ammodernamento dei sistemi produttivi dei Paesi partner del sud e l’integrazione sud-sud dei mercati.


In proposito è stato osservato che “la sola menzione riservata agli aggiustamenti strutturali nella Dichiarazione di Barcellona è stata formulata,ancora una volta,solo in termini d’alloca zione degli aiuti per mitigare i costi del dissesto sociale causati dalla liberalizzazione degli scambi”.


D’altro canto le aspettative positive sono state fatte sulla base di un punto di vista a favore d’un modello di sviluppo basato sulle esportazioni in un ottica che considera il mercato mediterraneo essenzialmente come un fornitore di beni e/o manodopera a basso costo per i ricchi mercati del nord,invece che la base di crescita di sistemi produttivi capaci di sostenere i mercati ed il consumo locale.


Seondo una tale visione i Paesi del Nord Europa hanno dato spazio ad un’ampia classe media di consumatori mentre i Paesi mediterranei dovrebbero introdurre la zona di libero scambio in una situazione di rigide restrizioni di bilancio che stanno spingendo all’indietro i pochi vantaggi di welfare conseguiti durante i decenni precedenti.


E’ evidente che la scelta non è tra creare una crescita autocentrata, basata sulla sostituzione delle importazioni ma piuttosto quello di creare una sana base domestica per l’economia nazionale, capace di raggiungere un buon livello di qualità e produttività e di partecipare in alcuni settori della divisione internazionale del lavoro.


I maggiori vantaggi provenienti dalle esportazioni devono consistere nell’estendere e migliorare il mercato interno.


Nell’Unione Europea oggi si riscontrano le caratteristiche fondamentali di uno Stato federale almeno in tre aspetti principali:


il commercio, la concorrenza e la moneta unica.


Ma non basta.


Ciascun Stato deve a sua volta competere con gli altri Stati all interno dell Unione europea, posto che l unificazione dell Europa in un mercato unico dotata di un unica moneta accentua e non riduce i fattori di competizione delle varie economie che tale mercato compongono.


Nella competizione assumono un ruolo chiave nuovi e diversi tipi di fattori quali i fattori politici ed i fattori tecnici, fra cui vanno annoverati le reti, le infrastrutture, i meccanismi di comuni cazione.


Tuttavia risultano fondamentali nella competizione anche i fattori immateriali propri del capitale umano.


Il concetto è più ampiamente descritto in un libro che risale a qualche anno fa, di Edward Luttwak, intitolato: "Il fantasma della povertà".


La tesi espressa nel libro è,in sintesi,la seguente:


l Occidente esporta ricchezza in quanto, come noto, i flussi finanziari prodotti in area occidentale girano per il mondo e non restano radicati nel Paese di origine, comunque non rimangono mai in Europa od in America.


L Occidente al contempo importa povertà non solo a livello fisico, attraverso il flusso migratorio, ma anche sul piano parametrico o competitivo, dato che le antiche aristocrazie operaie ed i ceti impiegatizi dell Occidente, immersi nella competizione globale, vedono i propri salari e stipendi sempre più livellati su quelli orientali.


In conclusione questa è la trappola della povertà, il fantasma della povertà che ritorna: in Occidente la gente ha salari che assomigliano sempre di più a quelli orientali, e costi che restano occidentali.


Pertanto l importazione della povertà va individuata nel livellamento dei salari dovuto alla competizione.


Per reagire l Occidente deve utilizzare al meglio il capitale rappresentato dalle strutture e dalla tecnologia d avanguardia ed inoltre investire sul fattore culturale - che si pone come fonda mentale nella competizione.


Le nuove logiche produttive,destinate alla competizione globale,impongono,dunque,un dialogo con i Paesi dove il fattore lavoro è ancora una componente essenziale dell’economia e dove ubicare le attività produttive che consentano di vincere la sfida della globalizzazione per combattere la spinta poderosa dei flussi migratori da quei Paesi attirati dalle economie occi dentali.


Uno dei momenti chiave della cooperazione è il passaggio dal concetto di sviluppo a quello di co-sviluppo laddove esso serve ad indicare un rapporto di crescita comune (crescita economica, ma anche intellettuale, culturale, ecc.) nel quale le posizioni relative di entrambe le parti crescono insieme, si modificano, si intrecciano, pur restando individuabili e misurabili.


Alla fine degli anni ’80- inizio anni ’90 venne elaborato un nuovo concetto economico: quello del partenariato.


Tale modello di sviluppo è stato usato soprattutto per i Paesi mediterranei ed esso ha rappresentato un nuovo avanzamento concettuale.


Si tratta dell’idea che questi progetti, queste forme di rapporto dovrebbero portare a forme reali di collaborazione, per cui si parla addirittura, per il Mediterraneo, di una grande area di partenariato, quindi di convivenza, di sviluppo condiviso, e così via.


Il rafforzamento del dialogo con i Paesi del Mediterraneo è quindi necessitato da tale logica oltre che dai legami culturali,economici e politici che caratterizzano da secoli i rapporti della UE con i popoli dell’area mediterranea e che non possono rimanere ancora disattesi.


La UE ha,quindi.varato il programma MEDA che costituisce lo strumento finanziario principale per la realizzazione del partenariato euro-mediterraneo.


MEDA significa,infatti,"misure tecnico-finanziarie a sostegno della riforma delle strutture socio-economiche nei paesi extracomunitari del Mediterraneo".


Il programma va al di là dei tradizionali aiuti allo sviluppo, poiché mira ad instaurare una coope razione finanziaria con l area mediterranea basata sul libero commercio e la transizione economica attraverso il finanziamento di iniziative bilaterali e regionali ed il sostegno alla realizzazione degli accordi europei.




6.Necessità di adeguare la legislazione nazionale


Alla luce di quanto innanzi sono numerose le ragioni che ci inducono a dubitare dell’efficacia della attuale politica italiana in tema di governo dei flussi migratori.


La prima è legata alle cause del fenomeno migratorio,che non risiedono solo nella domanda di lavoro che emerge nel mondo occidentale e che si rivolge agli stranieri, quanto piuttosto nella spaventosa povertà e nella crescita demografica esponenziale, e nei fenomeni delle guerre e delle persecuzioni ancora in atto, che attanagliano le popolazioni di vasta parte del mondo.


Su tali circostanze,causa di migrazione continua anche verso il nostro paese, la maggiore o minore rigidità delle politiche di ingresso e di soggiorno adottate non ha un effetto determi nante.


La seconda è legata all’atteggiamento psicologico mostrato dal legislatore della Legge Bossi-Fini n. 189/2002, che, nel sottolineare nel DDL,il “pericolo di una vera invasione dell’Europa da parte di popoli che sono alla fame, in preda ad una inarrestabile disoccupazione”,appare terrorizzato da un’imminente invasione, che poi non c’è stata, e mostra di avere una rappresen tazione parziale e imprecisa del fenomeno migratorio.


Una delle conseguenze di una tale fobia da invasione alle porte è l’emanazione di decreti flussi, autorizzativi di nuovi ingressi, sempre e comunque insufficienti sia rispetto alla domanda di lavoro interna sia rispetto all’offerta di lavoro proveniente dalla manodopera straniera.


Un’ultima ragione per cui può risultare fallimentare porre uno stretto e diretto collegamento tra l’ingresso e la permanenza dello straniero extracomunitario e l’utilità economica del suo apporto lavorativo, sta nella difficoltà oggettiva di espellere dal territorio italiano coloro che, dopo aver lavorato e regolarmente soggiornato, abbiano successivamente perso il lavoro e dunque, con esso, il titolo che legittimi la loro permanenza in Italia.


Non appare facile “rispedire” a casa persone che, sia pure prive di opportunità lavorative, abbiano tuttavia nel nostro paese stretto legami affettivi, mandato a scuola i figli, iniziato percorsi di integrazione sociale e culturale.


Insomma, il limite culturale e ideologico della nostra legislazione in materia di immigrazione, peggiorata in tal senso dalle modifiche introdotta dalla legge Bossi Fini, è quello di basarsi sulla considerazione che ad emigrare non siano gli uomini ma la forza lavoro.


Alla luce di tali argomenti - e anche considerando che non si può certo pensare di riuscire a contrastare gli ingressi irregolari stando di guardia alle frontiere, soprattutto in un paese vulnerabile come il nostro, immerso nel mediterraneo e caratterizzato da una costa lunga centinaia e centinaia di chilometri - non resta che modificare l’impianto della normativa sull’immigrazione,favorendo ingressi che siano svincolati da una chiamata numerica quanto generica e programmata su base triennale di lavoratori stranieri residenti all’estero e non cono sciuti dal datore di lavoro destinatario della forza lavoro per la propria azienda.


A tal fine deve considerarsi impraticabile il sistema della chiamata numerica in lugo di quella nominativa del lavoratore straniero,scelto nelle liste di collocamento,almeno per alcuni tipi di rapporto di lavoro poco qualificato (domestico, badante, piccole imprese) che,pur tuttavia, costituiscono peraltro gran parte del campo di occupazione degli stranieri in Italia, rapporti in cui il rapporto di fiducia e la conoscenza diretta appaiono determinanti per la scelta.


Il datore di lavoro italiano sarà sempre disincentivato a chiamare al lavoro una persona mai conosciuta né vista.


Forse occorre tornare a qualcosa che somigli all’istituto della sponsorizzazione, la garanzia dell’accesso al lavoro prevista dal previgente articolo 23 del Testo Unico sull’Immigrazione e, se necessario, ampliarne la portata, e comunque sarà indispensabile favorire forme di ingresso nel nostro paese anche a stranieri che non abbiano ancora una vera e propria opportunità di lavoro ma che costituiscano manodopera qualificata da avviare al lavoro presso quanti ne facciano richiesta attraverso un meccanismo di concertazione triennale ed in proporzione alle carenze di personale determinato dal pensionamento.


Già il CNEL, nel criticare il disegno di legge della Bossi Fini, indicava una tale prospettiva come una soluzione che avrebbe consentito o quanto meno facilitato l’incontro tra la domanda interna (soprattutto quella relativa al lavoro domestico e delle piccole imprese) e l’offerta di lavoro degli stranieri extracomunitari.


In conclusione, occorrerebbe privilegiare il principio della libertà d’ingresso,consentendo allo straniero di godere di un periodo di permanenza regolare durante il quale tenti di ottenere un’occupazione lavorativa,piuttosto che il principio della determinazione per decreto di risicate quanto generiche quote d’ingresso di lavoratori stranieri,limitate solo ad alcuni Paes.


Si tratterebbe dell’unico strumento che la stessa politica comunitaria dovrebbe adottare al fine di evitare che il governo del fenomeno migratorio sia regolato dalazioni di polizia che cercano di tamponare l’arrivo e lo sbarco di clandestini e l’approvazione, ogni quattro anni, di provvedimenti di sanatoria che regolarizzino situazioni di fatto di lavoro nero e di soggiorno irregolare che sono dannosi sia per i lavoratori che per le aziende.


7.Conclusioni


In conclusione,la globalizzazione delle economie ha modificato la nostra vita sia a livello personale che sociale.


Le imprese usufruiscono di condizioni favorevoli per competere e ottenere profitti, ma nel contempo gli organismi democratici faticano a svolgere il loro ruolo mentre si creano preoccupanti fenomeni di sfruttamento della manodopera sia nei Paesi sviluppati che in quelli del Terzo Mondo.


L Area mediterranea, della quale il nostro Paese fa parte a pieno titolo, tradizionale luogo di confronto e di incontro fra diverse culture,religioni e civiltà, affronta, quasi in prima linea, le sfide tecnologica,economica,demografica e istituzionale.


Occorre che i popoli valorizzino la dimensione regionale, e spingano le rappresentanze politiche dei Paesi del Sud Europa a cambiare profondamente le politiche mediterranee dell Unione Euro pea,abbracciando il policentrismo e il co-sviluppo, creando un area di "prosperità condivisa", un anello della solidarietà, una zona di libero scambio Euro-Mediterraneo.


Si tratta di individuare tuttavia di accompagnare il nuovo modello di sviluppo con politiche migratorie che, da una parte, favoriscano lo sviluppo economico dei Paesi dell’Area mediterranea e dall’altro agevolino nuove politiche occupazionali, legate allo sviluppo delle economie,che valgano ad evitare il fenomeno dei flussi mgratori indiscriminato.


Come ha sostenuto il Presidente della Repubblica On.le Napolitano, in occasione della "Giornata Internazionale del Migrante",l immigrazione è una risorsa "economica" e "sociale" per l Italia.


“L Italia-secondo ll Presidente -è oggi soprattutto un Paese di immigrazione che contribuisce a colmare carenze di manodopera, che consente alle imprese di produrre e alle famiglie di essere aiutate nella cura dei propri cari. Gli immigrati rappresentano ormai una quota significativa non solo dei nuovi occupati, ma anche dei nuovi imprenditori. Si tratta di un immigrazione che si radica positivamente: basti pensare alla consistente presenza dei bambini nelle scuole o ai numerosi immigrati che comprano casa e prodotti di consumo durevole".


"Ma la strada dell integrazione è ancora lunga - nota il Presidente- e va affrontata con coerenza e rigore. A tal fine è anzitutto necessario che gli ingressi avvengano per via legale. Gli immigrati non devono più avere la paura di vivere in condizione irregolare e di sopportare le conseguenze dell emarginazione che alla irregolarità si associa. E soprattutto cruciale evitare i gravissimi rischi collegati agli ingressi clandestini, che troppo spesso avvengono per opera di organizzazioni che lucrano sul traffico di vite umane e generano un flusso incontrollato che può anche includere componenti criminali e che comunque provoca allarme nelle comunità nelle quale gli immigrati devono potersi inserire".


"D altra parte, la criminalità che ha origine dall immigrazione clandestina ha spesso come vittime gli stessi immigrati: bambini e adulti ridotti a lavorare in condizioni estreme ed umilianti, giovani donne costrette a prostituirsi, persone contrabbandate come merce di nessun valore e talora costrette a subire vere e proprie forme di schiavitù. Né dobbiamo abituarci a tollerare le morti strazianti che uomini, donne e bambini trovano sulle vie di fuga da guerre, da conflitti interni, da situazioni di povertà e di carestia. Dobbiamo impegnarci tutti, a livello nazionale, europeo ed internazionale affinché le tante tragedie che ancora avvengono nei nostri mari e nei deserti dell Africa non accadano più".


"Dare certezze al percorso migratorio fin dai Paesi di origine, con regole che tutti devono rispettare, significa far rientrare nella normalità un fenomeno che ormai contrassegna questo secolo. La presenza di immigranti - conclude il presidente Napolitano - contribuisce alla crescita e alla modernizzazione di un Paese e non solo sul piano economico.


Anche sul piano sociale l incontro di costumi, tradizioni, culture e linguaggi diversi si intreccia e contribuisce al dialogo, al confronto e alla convivenza in una moderna società".


In conclusione,come ha sostenuto un grande studioso di economia,


“Una società giusta e umana


può essere soltanto il risultato di un forte impegno individuale e collettivo.


Occorre non attendersi che i grandi processi di unificazione mondiale


portino di per sé alla centralità dell uomo"


(Federico Caffè).




Sanarica,Aprile 2007



**Presidente


ANIMI


www.animi.org





Mario Pavone (Alatri, 1954)


è avvocato patrocinante in Cassazione e Corti Superiori. È stato Giudice Conciliatore per i trienni 1983/1985 e 1985/1988. Fra il 1989 e il 1993 ha fatto parte del Comitato Nazionale per il Volontariato di Protezione Civile, Dipartimento per la Protezione Civile, Presidenza del Consiglio dei Ministri.


Dal 1/6/2003 è Commissario Regionale del centro Studi Internazionali dell Handicap.


Dal 1 Gennaio 2005 ricopre la carica di Presidente dell’Associazione Nazionale per l’Immigrazione in Italia- A.N.IM.I.- Onlus


Aderisce all Unione Camere Penali, all Unione Giuristi Cattolici, alla Società Italiana di Criminologia, all Unione Forense e alla Confederazione Internaz.le dei Cavalieri Crociati Knight of Malta osj.


Fra le sue pubblicazioni: "In difesa dei difensori:note in tema di esecuzione penale e ruolo del difensore di fiducia nel nuovo C.P.P.", in La Difesa Penale, 1991, 32-33; "Il procedimento di applicazione delle misure di sicurezza secondo il nuovo codice di rito", in La Difesa Penale, 1992, 35; "Un Giudice veramente unico", in Il Cittadino, febbraio 1998; "L Ombudsman, questo sconosciuto", in Il Cittadino, maggio 1998; "Una legge per le lacrime", in Il Cittadino, marzo 1998; "L imputabilità del tossicodipendente", in Rasse gna Italiana di Criminologia, 2000, 1, in Rivista dell Unione delle Camere Penali e in Rivista dei Diritti dell Uomo dell Unione Forense, 2001;numerosi i suoi contributi alle riviste telematiche Altalex.it, Cestim.org, Criminologia.it, Crisafiweb.it, Diritto.net, Erasmi.it, Ergaomnes.net, Filodiritto.com, Penale.it, Ristretti.it, Themiscrime.it


E-mail: egtpa@tin.it


Web www.paginelegali.it/web/studiolegaleMP.html




 
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