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11/11/2016
I DOCENTI E GLI ATA PRECARI O GIA´ DI RUOLO POSSONO OTTENERE PER INTERO IL RICONOSCIMENTO DEL PERIODO PRERUOLO
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10/04/2016
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19/05/2015
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02/04/2014
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27/11/2013
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25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
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05/05/2013
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   mercoledì 23 settembre 2009

LA SUBORDINAZIONE

La sentenza in commento si colloca lungo l’oramai consueto ed univoco binario percorso in materia di identificazione del rapporto di lavoro subordinato ed, in particolare, lungo quello ricalcante i criteri pratici che presiedono alla sua individuazione.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 3 marzo 2009, n. 5080

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 23 giugno 2000, K.F. aveva chiesto al Tribunale di Roma, quale giudice del lavoro, l´accertamento della natura subordinata del rapporto intercorrente dal **** - per cinque giorni alla settimana e con orario dalle **** alle **** - con la Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a. per la traduzione e la lettura in lingua **** dei notiziari radiofonici trasmessi da tale società nell´ambito della trasmissione "****" (il quale va in onda tutti i giorni dalle **** alle **** e nel cui ambito vengono trasmessi ogni ora giornali radio della durata di circa tre minuti ognuno, in lingua ****). La ricorrente aveva altresì chiesto l´accertamento del proprio diritto ad essere inquadrata come annunciatrice di **** livello, con la condanna della Rai a pagarle le conseguenti differenze retributive, da liquidare in separato giudizio.

Con sentenza in data 9 gennaio 2002, il Tribunale adito aveva rigettato le domande, qualificando il rapporto di collaborazione dedotto in giudizio come di natura autonoma.

Su ricorso della K., la Corte d´appello di Roma, con sentenza depositata il 16 agosto 2004 e notificata il 27 gennaio 2005, ha riformato integralmente la sentenza di primo grado, dichiarando che tra le parti sussiste un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal ****, con inquadramento della dipendente quale annunciatrice di **** livello e condannando la Rai a pagarle le differenze retributive derivanti dall´applicazione del C.C.N.L. dipendenti RAI, sulla base della retribuzione oraria in atto.

Avverso tale sentenza propone tempestivo ricorso per cassazione la società, affidato a due motivi.

Resiste alle domande la K. con proprio rituale controricorso.

Ambedue le parti hanno depositato una memoria illustrativa ai sensi dell´art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1 - Col primo motivo di ricorso, la Rai s.p.a. deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 420 e 437 c.p.c., anche in relazione all´art. 2697 cod. civ., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata.

La società ricorda che, in sede di memoria di costituzione in appello, aveva rilevato che l´appellante avrebbe affermato, nella parte del ricorso in appello relativa allo svolgimento del processo, di avere già in primo grado dedotto circostanze di fatto, che viceversa avrebbe allegato unicamente in tale sede di appello e quindi in maniera inammissibile, chiedendo pertanto ai giudici di non tenerne alcun conto.

In particolare, si tratterebbe:

della allegazione relativa alla pretesa esistenza di un orario di lavoro e alle possibilità di una sua modifica unilaterale da parte della RAI;

di quella (riproposta anche nella parte in diritto del ricorso di appello) secondo la quale la collaboratrice, terminata la traduzione, non avrebbe avuto la possibilità di allontanarsi, dovendo "rimanere disponibile per effettuare la traduzione di tutte le eventuali modifiche e/o aggiornamenti del notiziario apportati dalla redazione sino al momento della trasmissione, in relazione a possibili fatti di attualità sopravvenuti";

della deduzione secondo la quale la ricorrente avrebbe dovuto svolgere "tutte le altre attività che le vengono richieste dalla RAI;

La Corte territoriale avrebbe osservato il più assoluto silenzio in ordine a tale eccezione, ritenendo sussistente il vincolo della subordinazione anche in base agli elementi di fatto così tardivamente dedotti.

Il motivo è infondato.

In proposito, va preliminarmente ricordato che il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza di merito riguarda unicamente (attraverso il filtro delle censure mosse con il ricorso) il profilo della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica delle argomentazioni svolte, in base all´individuazione, che compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute idonee a sostenerlo all´interno di un quadro valutativo complessivo privo di errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo interno tessuto ricostruttivo della vicenda (cfr., per tutte, Cass. S.U. 11 giugno 1998 n. 5802 e, più recentemente, Cass., sez. lav. 6 marzo 2006 n. 4770 e Cass. sez. 1^, 26 gennaio 2007 n. 1754).

Va altresì ribadito l´orientamento di questa Corte secondo cui il giudice di merito non è tenuto a compiere un´analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, dovendosi allora ritenere legittimamente disattese, anche solo in maniera implicita, le deduzioni difensive che siano logicamente incompatibili o palesemente irrilevanti rispetto alla decisione adottata (cfr., recentemente, Cass. 27 luglio 2006 n. 17145).

Ciò posto in via di principio, si rileva che, alla luce della complessiva motivazione della sentenza, alcuni dei rilievi formulati dalla difesa della società, come quello della tardività della affermazione relativa alla possibilità della modifica unilaterale dell´orario di lavoro o della deduzione secondo la quale la ricorrente avrebbe dovuto svolgere tutte le altre attività richiestele dalla RAI, non necessitavano di una esplicita risposta da parte dei giudici dell´appello, dato che delle relative circostanze non risulta dal tenore della sentenza impugnata che gli stessi abbiano tenuto alcun conto (nè la ricorrente indica specificatamente il contrario).

Ma anche le altre censure, fra quelle indicate, non rendevano necessaria, in realtà, una specifica, esplicita presa di posizione da parte della Corte territoriale.

Ed invero, quanto alla censura riferita alla novità della allegazione relativa alla pretesa esistenza di un orario di lavoro, risulta dagli atti che fosse infatti pacifico in causa che la ricorrente avesse fin dall´inizio dedotto di osservarne uno ben preciso, allegando altresì al proprio atto la documentazione di sostegno, proveniente dalla Rai.

Quanto infine all´altra deduzione della K. di rimanere disponibile tra una traduzione e l´altra per eventuali modifiche e aggiornamenti del notiziario da leggere un´ora dopo, la Corte territoriale l´ha evidentemente ritenuta implicita nella descrizione fatta, nel ricorso ex art. 414 c.p.c., del tipo di prestazione dedotta in contratto, che comportava, nell´arco orario indicato, la traduzione e la lettura ogni ora di notiziari sugli avvenimenti della giornata e sulla base di tale interpretazione del ricorso ha poi esplicitamente affermato che il dato relativo era coerente rispetto a tali mansioni (per cui non ha ammesso la prova contraria dedotta dalla società).

L´interpretazione in proposito operata della domanda introduttiva del giudizio (come anche il conseguente accertamento, sulla base di regole di coerenza) esprime una valutazione di merito, incensurabile in questa sede di legittimità, in quanto non risultante affetta da vizi logici evidenti. Il risultato di tale interpretazione sottrae all´evidenza il comportamento processuale della K. alle censure di violazione di legge formulate dalla ricorrente.

2 - Col secondo motivo di ricorso, la società deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 2094, 2222 e 2697 cod. civ., nonchè la carenza o contraddittorietà della motivazione sul tema.

Nel qualificare come subordinato il rapporto di collaborazione tra le parti la Corte d´appello avrebbe utilizzato caratteri identificativi del lavoro subordinato del tutto errati alla stregua del paradigma normativo dello stesso, così come interpretato in maniera uniforme dalla giurisprudenza di questa Corte; inoltre i giudici di merito avrebbero in maniera illogica e non conforme al diritto selezionato e ricondotto alla fattispecie "lavoro subordinato" gli elementi ritenuti al riguardo significativi.

In particolare, la Corte avrebbe ravvisato la sussistenza di indici essenziali della subordinazione: a) nella continuità della prestazione; b) nella messa a disposizione di energie lavorative e non di un risultato produttivo in senso proprio; c) nella presenza di un orario fisso di lavoro; d) nell´inserimento della prestazione nella organizzazione produttiva della Rai con i tempi e modalità stabiliti dalla società; e) nella intrinseca conformazione della prestazione alle esigenze produttive dell´impresa; f) nel fatto che la traduttrice-lettrice si sarebbe avvalsa di strumenti messi a disposizione dalla società; g) nell´assenza di rischio di impresa;

h) nel controllo eseguito dalla società sulla qualità tecnica della registrazione e poi, a campione, sulla qualità della traduzione.

La società deduce peraltro che gli elementi sub a), d) ed e) sarebbero inquadratali tra i c.d. elementi sussidiari di valutazione, che la giurisprudenza indicata come maggiormente persuasiva riterrebbe del tutto irrilevanti sul piano della qualificazione della subordinazione; inoltre tali elementi potrebbero essere comuni ad un rapporto autonomo (quello ed. parasubordinato), mentre l´elemento della continuità potrebbe non essere proprio di alcuni rapporti di lavoro subordinato (ad es. il part time); sul piano motivazionale, poi, la Corte non avrebbe spiegato quali caratteristiche della prestazione imponessero di valutare in maniera attenuata, secondo criteri sussidiari, il rapporto della K., non essendo certamente al riguardo sufficiente la indicazione della qualità di traduttrice-annunciatrice.

Ma anche a voler ritenere la natura intellettuale della prestazione, il tratto distintivo della subordinazione dovrebbe consistere nel fatto di tenersi a disposizione tra una prestazione e l´altra, mentre al riguardo la Rai aveva dedotto che dopo aver tradotto il testo e averlo letto, la K. poteva allontanarsi. La Corte in maniera immotivata non avrebbe preso in considerazione la relativa deduzione probatoria.

Inoltre, la messa a disposizione di energie lavorative non avrebbe potuto essere desunta dal fatto che provenisse dalla Rai l´indicazione dell´orario in cui la resistente doveva presentarsi, perchè ciò atterrebbe al necessario coordinamento della prestazione dedotta in contratto alla stregua della natura della stessa e non ai connotati della subordinazione.

E ancora, la dedotta esecuzione di compiti accessori (integrazioni e correzioni dei testi per l´eventualità di fatti sopravvenuti) non avrebbe potuto essere valorizzata dalla Corte d´appello, senza un indagine al riguardo e comunque si tratterebbe di compiti da svolgere per rendere possibile la prestazione.

Quanto all´elemento sub f), dato il carattere intellettuale della prestazione, sarebbe normale che l´utilizzatore fornisca gli strumenti materiali.

Quanto all´elemento sub g) la motivazione sarebbe sbagliata: la responsabilità verso terzi della Rai non escluderebbe infatti quella della traduttrice. Sul piano considerato dovrebbe semmai rilevare la forma del compenso, se lo stesso fosse stato o meno corrisposto anche in caso di mancata incolpevole prestazione.

Quanto al requisito sub e), esso apparirebbe di significato oscuro, come anche quello della predeterminazione unilaterale degli orari di lavoro.

Il parallelo con altri traduttori-lettori subordinati non sarebbe inoltre significativo; del resto la RAI aveva dedotto precisi elementi di differenziazione, in ordine ai quali la Corte non avrebbe motivato, affermando anzi apoditticamente che non vi sarebbero differenze tra i due gruppi di prestatori.

Erronea sarebbe poi la ritenuta irrilevanza del fatto che la K. non dovesse giustificare le assenze ma solo comunicarle o non dovesse predisporre un piano ferie.

Infine, in ordine alla circostanza sub h), la società osserva che un potere di controllo è previsto anche nel contratto d´opera e la differenza tra le due fattispecie consisterebbe in ciò che nel contratto d´opera, come nel caso in esame, all´esito negativo di tale controllo non conseguono sanzioni disciplinari.

Anche tale motivo è infondato.

Come è noto, l´esatta identificazione del paradigma normativo proprio del rapporto di lavoro subordinato alla luce delle generiche indicazioni di legge si è rivelato nel tempo, con la profonda evoluzione della realtà economico-produttiva e sociale che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso e i primi anni del 21^, una operazione interpretativa di elevata problematicità.

Sono state individuate definizioni più o meno comprensive, elaborati differenziati criteri legali di identificazione, discusso dell´ampiezza del perimetro oggi assegnato dall´Ordinamento al rapporto di lavoro subordinato.

In particolare, i due sistemi di identificazione che appaiono tra i più diffusi sono notoriamente quello ispirato al c.d. metodo sussuntivo e quello c.d. tipologico.

La giurisprudenza di questa Corte ha oscillato nel tempo nella scelta tra questi due metodi nel tentativo di adattare la generica formula normativa ad una realtà in rapido movimento, optando poi prevalentemente per la tendenziale adozione del metodo sussuntivo.

Ma di fronte a realtà di rapporti di collaborazione profondamente differenziati, anche la giurisprudenza orientata per l´adozione del metodo sussuntivo non ha sovente potuto non prenderne atto in sede di qualificazione.

Accanto alla affermazione che ogni attività umana è suscettibile di essere dedotta in un rapporto di lavoro autonomo o in uno subordinato e che l´elemento caratteristico di quest´ultimo è espresso da un vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato (cfr., ad es., recentemente Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500), anche la giurisprudenza più rigorosa è costretta spesso a correggere il tiro, sulla base della considerazione che alcuni rapporti presentano per loro natura una subordinazione attenuata, che comunque la subordinazione, come definita, non sempre è apprezzabile con la stessa intensità o con le stesse modalità in tutti i rapporti, etc. (cfr., ad es. Cass. 22 febbraio 2006 n. 3858).

Ne consegue che anche questo orientamento giurisprudenziale finisce sovente per avallare, nella qualificazione dei rapporti di collaborazione dedotti in giudizio, l´utilizzazione di indicatori - di quella soggezione al potere direttivo e di controllo altrui - differenziati per tipo di rapporto considerato (cfr., ad es. Cass. 18 luglio 2007 n. 15979 a proposito di personale infermieristico in una casa di cura; 6 settembre 2007 n. 18692 a proposito di un commesso addetto alle vendite; 27 febbraio 2007 n. 4500 a proposito di un fisioterapista operante all´interno di una azienda; 22 febbraio 2006 n. 3858 quanto alla prestazione dell´odontotecnico in funzione del lavoro del dentista; 7 agosto 2008 a proposito di un autista di ambulanze; 6 marzo 2006 n. 4770 con riferimento alla attività di un giornalista etc.), utilizzazione che costituisce viceversa il tratto caratteristico del metodo tipologico di identificazione del rapporto di lavoro subordinato (per la cui piena esplicitazione quantomeno nei casi border line, cfr., ad es. Cass. 20 marzo 2001 n. 3975).

Indicatori differenziati e complessi, attraverso i quali è possibile individuare, in una valutazione delle risultanze processuali non atomisticamente considerate (Cass. 24 febbraio 2006 n. 4171), ma riguardate nel loro significato complessivo e con riferimento ai modelli culturali correnti evocati dalla formula di cui all´art. 2094 cod. civ., l´essenza della subordinazione nelle diverse situazioni.

Del resto, al di là di formule astratte appare poco proponibile una definizione di subordinazione sufficientemente selettiva che copra contemporaneamente, tra le varie attività umane possibili, il lavoro alla catena di montaggio o nel chiuso di un ufficio, quello dell´alto dirigente d´azienda, del giornalista, del commesso viaggiatore etc. nonchè all´opposto quello del collaboratore domestico o dell´addetto alle pulizie in uno stabile.

Da qui la necessità di una differenziazione - più o meno consapevole e più o meno "spinta" - nella utilizzazione di indicatori nella qualificazione in rapporto a tipologie con diversa caratterizzazione secondo modelli socioculturali correnti, cui fa riferimento la generica formula dell´art. 2094 c.c..

Nel caso in esame, la Corte d´appello di Roma, pur avendo enunciato, in apertura della motivazione, in maniera solo sintetica i connotati della subordinazione desumibili dalla norma di cui all´art. 2094 cod. civ., ha poi indicato nel corso della motivazione una serie complessa di indicatori per la relativa identificazione che, con specifico riguardo alla autonomia implicata per il prestatore dal tipo di attività dedotta ad oggetto del contratto di collaborazione considerato, appaiono nel loro complesso sicuramente utili, corrispondendo a quelli elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte con riguardo a prestazioni simili: soprattutto, la continuità della prestazione tra una serata di traduzioni e letture e l´altra, la permanenza a disposizione per eventuali aggiornamenti tra una lettura e l´altra nell´arco dell´orario stabilito, la predeterminazione da parte della società di tempi e modalità delle prestazioni, la prestazione resa all´interno dell´azienda avvalendosi di strutture e mezzi da questa predisposti, il tipo di compenso, il controllo (non della resa tecnica della trasmissione, ma) della qualità della traduzione da parte della società, il parallelismo istituibile con altri soggetti che collaborano con la RAI con modalità sostanzialmente simili (salvo elementi secondari) e inquadrati come subordinati (e svalutando viceversa l´elemento costituito dal mero nomen iuris utilizzato dalle parti, generalmente ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte di nullo valore qualificatorio e di vago valore indiziario).

L´utilizzazione di tali indicatori da parte della Corte territoriale per giungere poi ad un giudizio conclusivo orientato per la qualificazione della collaborazione dedotta in termini di subordinazione rappresenta in via di principio, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, ricordata anche dalla ricorrente (cfr, per tutte, Cass. 14 settembre 2007 n. 19247), una valutazione di fatto, come tale riservata al giudice di merito e censurabile in questa sede di legittimità unicamente per vizi relativamente all´iter logico seguito, in quanto cadenti su di una circostanza, un fatto, un "punto" avente carattere decisivo, nel senso che la sua diversa considerazione potrebbe ragionevolmente condurre ad un esito opposto a quello censurato (a tali limiti connaturati al controllo di legittimità sul giudizio di fatto consegue la possibilità di un esito positivo dello stesso in ordine a sentenze di merito che giungono a contrastanti soluzioni di controversie analoghe, come accaduto anche con riguardo al caso dei traduttori-lettori della Rai in diverse vicende giudiziarie: cfr., ad es. da un lato Cass. n. 9764/04 e dall´altro Cass. n. 19247/07).

Tali non appaiono peraltro i pretesi vizi logici evidenziati dalla ricorrente (salvo quello, di modesta incidenza sul giudizio complessivo che investe la valutazione, su chi gravi la responsabilità all´esterno per errori nella traduzione), in quanto relativi a circostanze non irragionevolmente ritenute minori nel contesto dei connotati rilevati alla stregua delle complessive risultanze istruttorie, quali la mancata necessità di certificare le assenze o di programmare con anticipo le ferie oppure relativi in realtà a valutazioni diverse delle medesime risultanze o demandanti l´omessa considerazione di deduzioni probatorie, viceversa dai giudici implicitamente o esplicitamente ritenute superflue (come in ordine alla "naturale" permanenza del collaboratore in azienda per la durata dell´orario convenuto, come prima già rilevato).

Anche il motivo di ricorso in esame deve pertanto ritenersi infondato.

Concludendo, sulla base delle considerazioni esposte, il ricorso va respinto.

L´alternanza di giudizio nei due gradi di merito motiva la decisione di compensare integralmente tra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2009.

 
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