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   mercoledì 3 novembre 2004

ANESTESISTI ED ORARIO DI LAVORO

Sezione Lavoro del 2004-08-17 n. 16050 con nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di Salerno



ANESTESISTI ED ORARIO DI LAVORO




Cassazione civile, sezione lavoro, 17 agosto 2004, n. 16050


“Il reparto di anestesia e rianimazione è destinato, per definizione, esclusivamente alla cura di ammalati gravi, gli anestesisti addetti a questo reparto rientrano fra il personale non escluso dalla limitazione di orario”

nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di Salerno





SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Paolino DELL ANNO - Presidente -

Dott. Ettore MERCURIO - Consigliere -

Dott. Pietro CUOCO - Rel. Consigliere -

Dott. Giovanni MAZZARELLA - Consigliere -

Dott. Antonio LAMORGESE - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AUSL RIETI - AZIENDA UNITÀ LOCALE DI RIETI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

MAZZINI 6, presso lo studio dell avvocato DOMENICO PATERNOSTRO, che

lo rappresenta e difende unitamente all avvocato ELIO VITALE, giusta

delega in atti;

- ricorrente -

contro

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI RIETI - SERVIZIO ISPEZIONI DEL

LAVORO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 61/01 del Tribunale di RIETI, depositata il

25/01/01 - R.G.N. 80810/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/02/04 dal Consigliere Dott. Pietro CUOCO;

udito l Avvocato PATERNOSTRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Orazio FRAZZINI che ha concluso per il rigetto del ricorso.



Fatto

Con ricorso del 19 novembre 1998 l AZIENDA SANITARIA LOCALE DI RIETI propose opposizione all ordinanza - ingiunzione con cui la Direzione Provinciale del Lavoro di Rieti ingiungeva all AZIENDA il pagamento di lire 1.298.000 a titolo di sanzione per la violazione dell art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473 e degli artt. 3 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 370, per avere fatto eseguire a personale medico (anestesisti) addetto al reparto di anestesia e rianimazione un orario di lavoro superiore alle otto ore giornaliere ed alle quarantotto settimanali e non avergli concesso il riposo settimanale di ventiquattro ore consecutive.

Sosteneva l opponente che le predette disposizioni non trovavano applicazione per il personale dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, né in particolare per il personale direttivo; aggiungeva che il mancato godimento del riposo era stato determinato dalla necessità indotta dalla grave carenza di organico.

Con sentenza del 25 gennaio 2001 il Tribunale di Rieti ha respinto l opposizione. Afferma il giudicante che i medici anestesisti rientrano nella categoria per la quale non opera l invocata esclusione prevista dalla normativa applicata. Ai fini di questa esclusione, la qualifica di dirigente non va dedotta dalla normativa collettiva, vincolante solo sul piano privatistico, bensì dalla stessa legge applicata, per cui sono dirigenti coloro che sono addetti a compiti di organizzazione e direzione; e tali non sono gli anestesisti in relazione ai quali è stata comminata la sanzione.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre l AZIENDA SANITARIA LOCALE DI RIETI, percorrendo le linee di 5 motivi; la Direzione Provinciale del Lavoro di Rieti non si è costituita in giudizio.

Diritto

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473, la ricorrente sostiene che le disposizioni applicate con l ordinanza - ingiunzione si riferiscono alle aziende industriali o commerciali, quale essa non è.

2. E’ da premettere che, ai fini della configurabilità della sanzione in controversia, in tema di illeciti amministrativi, i principi di legalità e di retroattività ed il divieto di applicazione dell analogia, di cui all art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689, comportano l assoggettamento del comportamento illecito alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore (eventualmente) più favorevole, sia che si tratti di illeciti amministrativi derivanti da depenalizzazione, sia che essi debbano considerarsi tali ab origine, senza che rilevi, in contrario, la circostanza che la più favorevole disciplina, posteriore alla data di commissione del fatto, sia entrata in vigore anteriormente all emanazione dell ordinanza - ingiunzione per il pagamento della sanzione pecuniaria, e senza che possano trovare applicazione analogica, attesa la differenza qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti principi previsti dall art. 2 commi secondo e terzo cod. pen. (ex plurimis, Cass. 5 luglio 2003 n. 10631).

Nel caso in esame, ove la stessa ordinanza ingiunzione in opposizione era stata emessa l 8 ottobre 1998, l art. 11 del decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 61 non è applicabile.

3. Il motivo è infondato. La disposizione dell art. 1 primo comma del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473 ha uno spazio ben più ampio di quanto dalla ricorrente sostenuto, poiché disciplina la durata massima normale della giornata di lavoro "nelle aziende industriali o commerciali di qualunque natura ..... negli uffici, nei lavori pubblici, negli ospedali, ovunque è prestato un lavoro salariato o stipendiato alle dipendenze o sotto controllo diretto altrui".

4. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473, in relazione al R.D. 6 dicembre 1923 n. 2657, la ricorrente sostiene che:

4.a. nelle ipotesi di esclusione dalla limitazione dell orario, previste da questa norma, rientrano anche gli anestesisti;

4.b. il giudicante non aveva "tenuto conto delle cause di giustificazione (forza maggiore) previste dall art. 5 bis e dall art. 7 del predetto R.D.L., norma esplicitamente ribadita dall art. 4 primo comma della legge 24 novembre 1981 n. 689".

5. Anche questo motivo è infondato. In relazione alle due censure, nelle quali il motivo si articola, si osserva quanto segue.

5.a. La generale limitazione dell orario (disposta dall art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473) è prevista per il lavoro "effettivo"; ed è tale "ogni lavoro che richieda un applicazione assidua e continuativa".

Da questa qualifica sono espressamente escluse le "occupazioni che richiedano, per la loro natura o per la specialità del caso, un lavoro discontinuo o di semplice attesa" (art. 3), poi analiticamente indicate nella tabella, preannunciata dall art. 6 del R.D. 10 settembre 1923 n. 1955 (che costituiva il Regolamento per l applicazione dell indicato R.D.L.) ed approvata con il R.D. 6 dicembre 1923 n. 2657.

Nell ambito della predetta esclusione la tabella indica (n. 13) il "personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati dei reparti per agitati o suicidi nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali .....".

In tal modo, l esclusione dalla limitazione dell orario non sussiste per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale "dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali".

In questa ipotesi, la gravità della malattia, quale fatto comune a tutti i degenti e pertanto immanente al reparto stesso, determinando "un applicazione assidua e continuativa" da parte di tutto il personale ivi addetto (ed escludendo che possa ipotizzarsi, nell assistenza di questi specifici ammalati, "un lavoro discontinuo o di semplice attesa", costituisce la ragione dell esclusione.

È da aggiungere (per completezza) che, nella logica della disposizione in esame, la gravità degli ammalati è anche la ragione della qualifica (agli specifici esclusivi fini dell indicata norma) di "reparto di isolamento".

Il personale addetto solo alla cura degli ammalati gravi (in quanto assegnati ad un reparto ove solo questi siano ricoverati) non rientra pertanto nell esclusione dai limiti di orario, prevista dall indicata tabella, bensì, eccezione a questa esclusione, nei limiti previsti dalla generale normativa in controversia.

In questo quadro, poiché il reparto di anestesia e rianimazione è destinato, per definizione, esclusivamente alla cura di "ammalati gravi", gli anestesisti addetti a questo reparto rientrano fra il personale non escluso dalla limitazione di orario.

5.b. Le "eccezionali esigenze" e "l impossibilità di fronteggiarle attraverso l assunzione di altri lavoratori" (che peraltro devono essere comunicate immediatamente all Ispettorato del Lavoro: art. 5 bis del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473), "i casi di forza maggiore e quelli nei quali la cessazione del lavoro ad orario costituisce un pericolo per le persone" (soggetti ad eguale comunicazione: ivi, art. 7), e lo stato di necessità (art. 4 della legge 24 novembre 1981 n. 689) costituiscono situazioni eccezionali che (oltre ad essere, per loro natura, contingenti e di breve durata), determinando l inefficacia dei fatti integranti l obbligo normativo, devono essere provate da colui che le invoca (art. 2697 secondo comma cod. civ.).

Nel caso in esame, non solo il fatto contestato (prolungamento dell orario oltre il limite normativamente previsto) si è lungamente protratto nel tempo, bensì dell invocata situazione eccezionale alcuna prova è stata fornita.

6. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell art. 1 nn. 10, 11 e 13 della legge 22 febbraio 1934 n. 370, la ricorrente sostiene che il giudicante non ha considerato l esclusione prevista da questa disposizione, in particolare per il personale degli enti pubblici, "quando provvedono speciali disposizioni legislative".

7. Anche questo motivo è infondato. Con sentenza 4 febbraio 1982 n. 23 la Corte costituzionale ha dichiarato l illegittimità delle invocate disposizioni, nella parte in cui consentono che il riposo settimanale dovuto al personale dipendente corrisponda a ventiquattro ore non consecutive.

8. Con il quarto motivo, denunciando violazione dell art. 20 del d.P.R. n. 748 del 1972, la ricorrente sostiene che questa disposizione ha previsto una maggiorazione di dieci ore settimanali per i dirigenti, quando il normale orario non sia idoneo a garantire il corretto svolgimento delle funzioni attribuite.

Con il quinto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473, degli artt. 3 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 370 e degli artt. 15 e segg. del decreto legislativo n. 502 del 1992, la ricorrente sostiene che questa recente disposizione configura la dirigenza sanitaria, riconducibile a quella della preesistente disciplina, per cui il dirigente è responsabile del risultato anche se richiedente un impegno orario superiore a quello contrattualmente definito. E l art. 20 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 prevede che i dirigenti sono responsabili del risultato dell attività svolta dagli uffici, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati.

E la qualità di dirigente esclude il limite d orario previsto dalla disposizione applicata nel caso in esame.

9. Anche questi due motivi, che per la loro interconnessione devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

L art. 3 n. 2 del R.D. 10 settembre 1923 n. 1955 (quale Regolamento per l applicazione) fornisce del personale direttivo una particolare qualificazione legale, espressamente diretta "agli effetti del secondo comma dell art. 1 del R.D.L." 15 marzo 1923 n. 692 convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473.

In base alla predetta disposizione, da un canto, come questa Corte ha affermato, è da escludere che "l inquadramento nella categoria del personale direttivo possa derivare dal mero dato formale del conferimento della qualifica e tantomeno dal solo esonero esplicito dall obbligo di timbrare il cartellino o, addirittura, di sottostare alle limitazioni di orario" (Cass. 30 marzo 1992 n. 3914).

D altro canto, per la sua espressa specifica limitata funzione (escludere il limite di "orario massimo normale di lavoro", previsto dall art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692), la predetta disposizione (art. 3 n. 2 del R.D. 10 settembre 1923 n. 1955) costituisce, nei confronti di ogni altra qualificazione dirigenziale data da norme legislative o collettive, una norma speciale.

La ragione di questa norma è nel rapporto fra mansioni ed orario: queste mansioni sono indicate (ed il dirigente è qualificato) esclusivamente in funzione dell orario. Ogni altra qualificazione normativa, essendo fondata su una diversa ragione, resta inapplicabile.

Ai fini dell orario massimo di lavoro, deve pertanto farsi riferimento esclusivamente all indicata disposizione, secondo cui "si considera personale direttivo quello preposto alla direzione tecnica od amministrativa dell azienda o d un reparto di essa con diretta responsabilità dell andamento dei servizi" (e l elemento della "direzione" trova risonanza nelle specifiche ipotesi normativamente previste: institori, gerenti, direttori tecnici od amministrativi, capi ufficio e capi reparto).

In tal modo, ai fini del limite orario in esame, l art. 15 del Decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 (nei cui confronti l art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692 costituisce norma speciale) resta irrilevante.

Irrilevanti anche le disposizioni dell art. 20 del d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748 "sullo stato giuridico dei dirigenti statali" e dell art. 16 della legge 18 maggio 1968 n. 249, in quanto relative ai dipendenti statali. Per esigenza di completezza è da aggiungere che, indipendentemente dal limite normativo, "un limite quantitativo globale sussiste pur sempre, anche per il personale direttivo, in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell integrità fisio - psichica, costituzionalmente garantita a tutti i lavoratori; pertanto è consentito al giudice il controllo sulla ragionevolezza della durata delle prestazioni di lavoro, con riguardo alla natura delle funzioni svolte" (Cass. 20 marzo 1997 n. 2476).

Ciè è a dirsi, a maggior ragione, ove, ai fini di questa ragionevolezza, sia da valutare non solo la delicatezza e l impegno delle mansioni del lavoratore (anestesista) bensì la salute degli ammalati che egli deve assistere.

10. Il ricorso deve essere respinto. Per l assenza d ogni resistente attività processuale, nulla è da disporre in ordine alle spese del giudizio di legittimità.



P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; nulla dispone in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2004.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 AGOSTO 2004.


 
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